Fuoco sempre vivente
“Questo nostro mondo, che è lo stesso per tutti, non lo fece alcuno degli dei o degli uomini, ma al contrario fu sempre ed è e sarà fuoco sempre vivente, che si accende secondo misure e si spegne secondo misure”. Lo scrive il filosofo greco Eraclito, vissuto tra VI e V secolo a Efeso, sulla costa ionica dell’Asia minore. Si potrebbe compilare un florilegio di citazioni del fuoco, nella sua consistenza fisica e come simbolo, attingendo a tradizioni disparate. Non ultima quella ebraica ellenistica di Chanukkah, la festa del miracolo della luce nel momento più buio dell’anno. Il frammento di Eraclito fa pensare anche a un passo della Torah che torniamo a leggere tra poche settimane nella parasha di Shemot, quello apicale in cui Mosè si trova nel deserto di fronte al roveto ardente. Ciò detto, Mosè non parlava attico e tra Atene e Gerusalemme permangono differenze ineludibili, anche se altrettanto importanti e spesso sminuite, a parere di chi scrive, sono le convergenze. Quello che è forse più interessante è cogliere la diffusione trasversale di un elemento simbolo in culture, momenti e luoghi anche distanti, una diffusione che ha verosimilmente favorito gli incontri, gli innesti, le contaminazioni.
Giorgio Berruto