Setirot Tzimtzùm del buon senso
Il 24 mattina leggo sul Corriere della Sera “La nuova voglia di idealismo” di Dacia Maraini. Basito, lo ripasso con più attenzione, e mi chiedo come una nota intellettuale, una scrittrice di fama – a me non è mai piaciuta particolarmente, ma è un optional insignificante – possa riversare in poche righe tanta ignoranza e riproporre, più o meno consciamente, i pilastri-base del pregiudizio antigiudaico che fu ed è terra fertile per l’antisemitismo. Indignato, rabbioso, deluso dal “mio” giornale che quel pezzo ha pubblicato senza aprir bocca, posto sulla mia pagina Facebook il trafiletto medesimo ed esprimo con forza la mia disapprovazione. È una vergogna, dico. Poi trascorro praticamente l’intera giornata a rispondere, spiegare, confrontarmi. C’è chi mi dà ragione e mi supporta con dotti approfondimenti, e ci sono molte donne e molti uomini che reputano le critiche esagerazioni, che più o meno velatamente sostengono l’eccessiva “sensibilità” di noi ebrei, che sparano sesquipedali idiozie di carattere sia teologico che storico.
Preoccupano, in un certo senso, più degli ahimé numerosissimi lego-fascisti ormai abbonati a insultare e minacciare il sottoscritto e chi esprime idee simili. Per paradosso preoccupano persino più della piccola schiera di obnubilati e un poco criminali cosiddetti propal che dell’odio hanno fatto la loro ragione di vita.
Sì, perché buona parte dei facebookari con cui ho noiosamente e fastidiosamente trascorso la (loro) vigilia di Natale è composta – qualcuno lo conosco personalmente, i più lo si evince dall’eloquio e dal comportamento social – da “persone normali”. Le più pericolose portatrici di pregiudizi (in genere non soltanto antigiudaici), bacino spesso inconsapevole delle propagande più retrive e illiberali. Persone “normali” dotate di ciò che mediamente definiamo una discreta cultura e una soddisfacente collocazione sociale. Hanno studiato, con ogni probabilità hanno la laurea, suppongo ricoprano anche ruoli dirigenziali, comunque di guida.
E la loro intelligenza? L’avere certamente letto e apprezzato buoni libri, visto buoni film, ascoltato buona musica? Scherzando un po’ (se mi è permesso farlo con concetti profondissimi), si potrebbe dire che si tratta di tzimtzùm. Seriamente parlandone, secondo le dottrine qabbalistiche, lo tzimtzùm è l’auto-contrazione di Dio. Auto-contrizione che mise in atto prima della Creazione per consentire all’Uomo di esistere come non divino; oppure per permettere al Male di esistere (dove era il Signore ad Auschwitz?); Dio si ritirerebbe dalla nostra mente così da regalarci lo spazio per qualcosa di fondamentale, la libera scelta, il libero arbitrio.
Bene (cioè non bene): nelle parole di Dacia Maraini e in buona parte delle centinaia di individui che hanno dialogato con me e altri (una delle risposte più chiare e profonde l’ha data rav Riccardo Di Segni) c’è evidentemente stato uno tzimtzùm del buon senso e della ragione.
Buone feste, chag Chanukkà sameach.
P.S. Avevo da non molto finito Setirot quando ho letto una sorta di “marcia indietro” rilasciata da Maraini alle agenzie. Noi di origine veneziana diciamo che xe pèso el tacòn del buso.
Stefano Jesurum, giornalista