Gli ebrei e i canti natalizi

emanuele calòUn risalente articolo di Lauren Markoe per il National Catholic Reporter, il cui titolo è “Why Jews skipped Hanukkah and wrote the most beloved Christmas songs” spiega perché gli ebrei scrivano tanti canti natalizi, anziché canzoni per Hannukkah: “First, singers want an audience, and with Jews making up less than 2 percent of the U.S. population, and Christians nearly 80 percent, the natural market for Hanukkah tunes is relatively tiny. Though the story of Hanukkah is about religious freedom, a theme Americans can relate to, few know the tale of the ancient Maccabees — how they threw off their Hellenistic oppressors, and the drop of oil which miraculously lit their lamp for eight days”.
Naturalmente, non vi è nulla di male – anzi – nel farlo, se non altro perché dimostra, contrariamente a quanto ritiene qualche leader italiano, che gli ebrei siano un popolo aperto – apertissimo.
Eppoi, dato che si tratta pur sempre di professionisti, come sopra detto, è naturale che preferiscano un mercato che consenta una grande diffusione anziché un target minoritario. Se sei Lionel Messi, preferisci giocare nel Barcellona anziché nella Vigor di Acquapendente, e questo non fa di te un traditore, anche se fossi nato a Torre Alfina.
Tuttavia, ciò spiega perché scrittori, drammaturghi, cantanti e musicisti ebrei quando si tratta di assumere una posizione da “intellectuel engagé” continuino a tenerne conto, e qui si passa dalla legittimità morale al suo contrario. Anche in questo caso, è doveroso non gridare allo scandalo evitando, però, di passare per fessi perché l’ingenuità prefabbricata e artata è un’opzione, non un obbligo.

Emanuele Calò, giurista

(31 dicembre 2019)