“Soleimani minacciava il Medio Oriente. Prepariamoci alla vendetta iraniana”
“Diciamo con cautela che con l’assassinio di Qasem Soleimani, Trump ha reso un grande servizio a Israele: in primo luogo perché ha eliminato l’architetto della costruzione del fronte contro Israele (da Hezbollah in Libano alle forze filo-iraniane in Siria). E ora la capacità operativa di questo schieramento rischia di essere danneggiata dall’assenza dello stesso Soleimani. In secondo luogo, il capo di stato maggiore Aviv Kochavi ha detto la settimana scorsa che nel 2020 ci sarà un alto livello di conflitto tra Iran e Israele. Ora, dopo l’eliminazione di Soleimani, gli iraniani potrebbero essere più preoccupati di rispondere agli Stati Uniti e meno reattivi sul fronte israeliano”. Questa è la lettura, che riassume diverse analisi, del giornalista dell’emittente Kan Moav Vardi rispetto alle sensazioni d’Israele davanti all’uccisione da parte americana del generale iraniano Qasem Soleimani. In generale la notizia è stata recepita in modo molto positivo: Soleimani, come scrive Vardi, era tra i principali ideatori di un fronte che potesse accerchiare Israele. Il generale ucciso dagli americani a Baghdad aveva delineato una strategia dell’assedio contro lo Stato ebraico, finanziando i terroristi della Jihad Islamica nella Striscia di Gaza e Hezbollah nel Sud del Libano oltre a creare un enclave di forze sciite in Siria. La sua eliminazione indebolisce di molto questo fronte. “Qasem Soleimani ha portato alla morte di molti cittadini americani e di molti altri innocenti nel corso degli ultimi decenni e fino a oggi. Soleimani ha iniziato, pianificato e portato a termine molti attacchi terroristici in tutto il Medio Oriente e oltre”, il commento del Primo ministro Benjamin Netanyahu nella riunione governativa tenutasi nelle scorse ore. Il Premier israeliano ha inoltre rivolto i suoi complimenti a Trump che “merita tutta la stima per aver agito con determinazione, forza e rapidità. Vorrei ribadire che Israele è pienamente al fianco degli Stati Uniti nella giusta lotta per la sicurezza, la pace e l’autodifesa”.
Netanyahu è stato quasi il solo tra i leader internazionali ad accogliere l’azione americana con tanto favore. Francia, Russia e Cina hanno condannato l’attacco come destabilizzante, e molti altri – tra cui l’Italia – hanno avuto reazioni tiepide, preoccupate da una possibile escalation di violenza a livello globale. .
Per l’analista militare israeliano di Yedioth Ahronot Ron Ben Yishai, l’uccisione di Soleimani non porrà fine all’attività sovversiva dell’Iran in Medio Oriente né alle sue aspirazioni egemoniche. “Continuerà, e il confronto con gli Stati Uniti e i suoi alleati nella regione si intensificherà a seguito dell’azione compiuta nella notte di Baghdad, ma nonostante la retorica belligerante – gli iraniani eviteranno probabilmente mosse che porteranno alla guerra con gli americani o con Israele”. Secondo Ben Yishai così come per molti analisti Teheran eviterà lo scontro diretto con Stati Uniti ma innescherà una serie di attacchi a livello globale. “Aspetteranno il momento giusto e si vendicheranno, magari sparando in territorio israeliano attraverso le milizie sciite in Siria e forse anche da Gaza ma è probabile che aspettino un po’ di tempo prima di essere pronti per l’intelligence e l’operazione”. Ben Yishai ricorda che Soleimani era coinvolto in due attentati molto lontani fra loro: l’attacco terroristico al centro ebraico di Buenos Aires del 1994 (85 morti e 200 feriti) e quello nel 2012 a Burgas in Bulgaria contro un bus di turisti israeliani (7 morti e 35 feriti). La preoccupazione è che l’Iran metta in piedi operazioni simili per vendicarsi.