Roma, 34 pietre del ricordo
Nel nome di Lello Di Segni

Il 16 ottobre del ’43 Lello Di Segni ha 17 anni. Lo catturano insieme a tutto il nucleo familiare: i genitori, la nonna, i tre fratelli minori.
A Birkenau, solo lui col padre Cesare supera la selezione: è immesso nel campo per il lavoro schiavo e immatricolato con il numero 158526. Lello, tuttavia, rimane pochissimo tempo col padre: viene quasi subito trasferito nel lager istituito a Varsavia sulle rovine del ghetto. Qui per mesi è costretto a un durissimo lavoro di scavi tra le macerie. Nell’estate del 1944 è trasferito ad Allach, un sottocampo di Dachau, dove viene assegnato al lavoro in una fabbrica di motori. Vede la liberazione da parte degli americani a Dachau nell’aprile del 1945. Il 10 giugno fa ritorno a Roma, dove contro ogni previsione ritrova il padre.
Memorie dell’orrore che diventano coraggioso e tenace impegno di testimonianza. Fino all’ottobre del 2018 quando, all’età di 92 anni, l’ultimo sopravvissuto al rastrellamento del 16 ottobre ci lascia. Si rinnova nel suo nome quella che è ormai una partecipata tradizione di Memoria romana, giunta all’undicesima edizione: l’apposizione delle pietre d’inciampo, che quest’anno – ancora su iniziativa di Adachiara Zevi, cui si deve l’arrivo delle Stolpersteine nella Capitale nel 2010 – contano su 34 nuovi innesti. Il primo dei quali, al civico 9 in via Portico d’Ottavia, nel cuore del quartiere ebraico, porta proprio il nome di Lello Di Segni.
Due intense giornate di ricordo partecipato, con molti giovani presenti e protagonisti, che si sono aperte stamane con gli interventi della stessa Zevi, dell’ambasciatore israeliano Dror Eydar, del suo omologo tedesco Viktor Elbling, della presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello, del presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia, della presidente del Municipio Sabrina Alfonsi.

(13 gennaio 2020)