Una rettifica necessaria
Il 16 maggio 1967, il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser ordinò, senza alcuna giustificazione, l’evacuazione dalla penisola del Sinai della Forza di Pace ONU, l’ONU ubbidì e Nasser impose un blocco navale. L’Egitto strinse un patto militare con Giordania, Irak, Algeria, Arabia Saudita, Libia e Marocco.
I media egiziani e non solo, esultarono per la prossima fine d’Israele. “Distruggeremo Israele ed i suoi abitanti, dichiarò il leader dell’OLP, Ahmed Shukeiri e “nei riguardi dei superstiti, se ve ne fossero, sono pronte le navi per deportarli”. Nei parchi di Gerusalemme si prepararono tombe collettive e molti soldati che andavano al fronte diedero pillole di cianuro alle mogli per il caso di sconfitta. Nella guerra, Israele perse il 20% dell’aviazione e perirono 700 soldati. Ricorda Egon Friedler, un giornalista uruguagio, che se i duecento aerei israeliani che distrussero la forza aerea egiziana fossero stati tracciati dai radar, ad Israele sarebbero rimasti soltanto dodici aerei per difendersi contro 900 aerei arabi.
Sul suo sito, Action Aid scrive “Il 5 giugno 1967, dopo un’escalation di tensioni, inizia un conflitto lampo contro Egitto, Giordania e Siria nel corso del quale lo Stato di Israele raggiunge la sua massima espansione territoriale. La Guerra dei Sei giorni, così chiamata perché durata dal 5 al 10 giugno 1967, ha portato alla conquista della Cisgiordania, della Striscia di Gaza, del Sinai, delle alture del Golan e di Gerusalemme Est. Il 6 giugno l’esercito israeliano oltrepassa la Green Line, la linea che segna il confine con l’allora regno di Giordania. Da questo momento i territori palestinesi conquistati da Israele vengono conosciuti come “Territori Palestinesi Occupati” che includono anche Gerusalemme Est, annessa da Israele. Quest’anno sono ormai 50 anni dall’inizio dell’occupazione israeliana, illegale secondo il diritto internazionale (Quarta Convenzione di Ginevra) e le Nazioni Unite…”
Quale impressione ne ricava il lettore? Non certo di una lotta d’Israele per la sopravvivenza. Potrebbe Action Aid cambiare e rettificare la narrazione? Non sarebbe una cattiva idea; potremmo anche interpellarne la dirigenza, per meglio capire.
Emanuele Calò, giurista