Fratelli
Tempo fa un giornale polacco sollevò una controversa questione circa una scuola elementare di Oświęcim (la Auschwitz austro–ungarica e tedesca) che ha adottato come inno scolastico il canto Przeklęte Birkenau [Maledetto Birkenau], inno eseguito durante festività ed eventi ufficiali.
L’inno fu scritto da un musicista polacco anonimo su testo del poeta, scrittore e giornalista polacco Tadeusz Borowski (nella foto), sopravvissuto ad Auschwitz e Dachau.
La preside Agata Kowol spiegò che l’inno faceva parte della “buona e grande tradizione della scuola” e che non cantarlo più sarebbe stato un duro colpo per gli ex deportati rimasti in contatto con l’Istituto.
Al giornalista che domandò se fosse opportuno far cantare ai ragazzi della scuola un testo così forte, la preside rispose che soltanto i ragazzi delle classi più avanzate cantavano la prima strofa e il ritornello dell’inno (la seconda strofa è molto cruda e insostenibile per un ragazzo e, assicurava la preside, non era eseguita) e aggiunse: “Di cosa dovremmo cantare qui, per l’amor di Dio? di Winnie the Pooh? i ragazzi sanno che non vivono presso Disneyland ma vicino ai fili spinati del Lager”.
L’inno è a ritmo di tango, il testo è brutale, la melodia è indicibilmente bella; la musica concentrazionaria è la negazione di ogni logica e il capovolgimento di ogni estetica.
È difficile immaginare cosa provino ragazzi di 10 – 11 anni mentre intonano una meravigliosa melodia che canta di quel Lager come “Regno in cui non c’è Dio”, luogo che “tracima di sangue umano e lacrime” e che “quando ti chiederanno dov’è l’inferno, senza esitare rispondigli: Birkenau”.
Mi interessa invero il terzo verso della prima strofa laddove Tadeus Borowski scrive: ”gdzie brat spodlony gnębi swego brata” ossia “dove un fratello degradato opprime suo fratello”.
Per un involontario gioco mentale di affinità e richiami, un fiume sommerso di immagini bibliche di fratelli nemici – da Caino e Abele a Giacobbe ed Esaù sino ad Abshalom e Amnon – affiora improvvisamente dalle pagine del Tanakh; non ricordo altri testi della letteratura musicale concentrazionaria nei quali il nemico – da chi ha preferito degradare la propria umanità sino al soldato di Paese ostile – sia indicato come “fratello”.
La musica è tutto ciò che un giorno ci resterà; è il nostro tesoro sopravvissuto intatto a Lager, Gulag, deportazioni civili e militari.
Rimane la musica, bellissima e struggente di Przeklęte Birkenau; i ragazzi della scuola elementare di Oświęcim l’avranno sicuramente apprezzata e, sono sicuro, la cantano egregiamente.
Francesco Lotoro