Setirot – I tempi del ciarlatano
Effetti collaterali di una buona lettura. Il ciarlatano, Isaac Bashevis Singer, Adelphi, consueta ottima traduzione di Elena Loewenthal, “ripescato” dall’infaticabile Betta Zevi nel mare di inediti del Nobel 1978, fu pubblicato a puntate sul quotidiano yiddish newyorkese Forverts più noto come The Forward tra il 23 dicembre ’67 e il 31 maggio ’68 con lo pseudonimo Yitzhok Warshavski. Non è semplicemente un bel romanzo “popolare” coltissimo e raffinato, ma è, per me, adesso, nel 2020, il ricordo/memento di periodi profondamente diversi da questi, brutti, odierni. Correvano, come si dice, gli anni Sessanta e, mentre sognavamo la rivoluzione, scoprivamo I.B. Singer, la letteratura yiddish, lo shtetl e le metropoli statunitensi “shtetlizzate”. Bernard Malamud, commovente. Henry Roth, straordinario. Di fianco alle colorate file adelphian-singeriane conservo gelosamente le versioni beige-rigide edite da Longanesi, sulla costa il titolo scritto in oro su fondo nero. Miscele impagabili di ebraismo e di americanità, moderne e avvincenti. Ora si direbbe letture “alte” e “basse”, con le loro domande di ordine filosofico-teologico sul senso del mondo e di Dio, che evidentemente il mondo lo vuole così com’è, cioè ingiusto, assurdo, e quello della vita di ogni giorno, governata dal sesso, dalla fama, dall’arrivismo, dall’agiatezza economica.
Di ciò discutevamo, qualcuno poco dopo sui giornali inizierà a scriverne anche, ci si interrogava sul boom della yiddishkeit in un’Italia, anche ebraica, che nulla sapeva (chi studiava allora il Claudio Magris di Lontano da dove, 1971?). Pacatamente. Con lento quanto inarrestabile arricchimento culturale. Eppure in Medio Oriente si consumava la Guerra dei sei giorni, il velo sulla Shoah era stato solidamente alzato, i blocchi geopolitici prendevano ferree forme. Ma a nessuno sarebbe passato per la testa di assolutizzare, di mischiare i diversi piani. Di sprigionare rabbia e risentimento sul tasso di osservanza halachica dei personaggi singeriani e dintorni. Bei tempi (a mio modo di vedere). Tempi di scambio intellettuale. Tempi, diciamolo, più sani dal punto di vista del pensiero. Ecco, leggendo Il ciarlatano, sono tornato a quei tempi. Mi ha fatto male. Effetti collaterali di una buona lettura.
Stefano Jesurum