Controvento – Xenobot

Viviana KasamUna delle recenti scoperte in campo scientifico, che sembra aprire orizzonti di estremo interesse, è quella degli Xenobot, di cui la stampa ha ampiamente parlato nell’ultima settimana. Si tratta di cluster di cellule staminali biologiche, cioè provenienti da esseri viventi (in questo caso la rana Xenopus laevis, da cui il nome) che vengono ingegnerizzati attraversi algoritmi evolutivi di intelligenza artificiale e possono sviluppare una serie di attività autonome. I primi xenobot, sviluppati dai ricercatori della Tufts University e dell’Università del Vermont, si possono muovere verso target predisposti, possono autoripararsi dopo essere stati sezionati, trasportare un piccolo carico e riescono a sopravvivere fino a una settimana senza alcun tipo di nutrimento. Lo studio pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”, apre un filone di ricerca del tutto nuovo, perché per la prima volta è stata progettata una “macchina biologica” che non ha come modello l’anatomia di animali esistenti.
Le prospettive di applicazione, per ora, sono limitate, ma comunque entusiasmanti. Come spiega il professor Michael Levin, direttore del Center for Regenerative and Developmental Biology della Tufts University, e coautore della ricerca: “si pensa di utilizzare gli Xenobot per rilasciare i farmaci direttamente nelle cellule malate, per ripulire i vasi sanguigni dalle placche aterosclerotiche, ma anche per cercare composti nocivi o contaminanti o raccogliere le microplastiche negli oceani”. E soprattutto gli Xenobot consentiranno di comprendere come le cellule comunicano e si connettono tra loro, e sviluppare algoritmi in grado di stabilire la forma e la funzione degli organismi. Come sottolinea il professor Levin, “il nostro approccio alla robotica è assolutamente innovativo. Il tipico robot umanoide è un insieme di parti inerti, stupide potremmo definirle, che messe insieme dovrebbero poter dar vita a un robot intelligente, ovvero capace di svolgere un certo tipo di attività. Ma il corpo umano è intelligente in ogni sua minuscola parte, le cellule comunicano per creare i tessuti, i tessuti collaborano per creare gli organi e per produrre un essere senziente. Il nostro obiettivo è di comprendere questo tipo di comunicazione e riprodurla con algoritmi di intelligenza artificiale, beninteso sotto il controllo e la guida umana”. Nella precisazione finale si possono intravvedere tutti pericoli e gli interrogativi che questa ricerca apre all’etica, alla filosofia, alla religione.
Perché l’aspetto più inquietante, e nello stesso tempo sbalorditivo, è l’idea che sia possibile pianificare lo sviluppo di cellule staminali secondo i nostri desideri. Ovvero, potremo in futuro creare tessuti e organi ex novo, robot biologici molto diversi da quelli metallici che siamo abituati a vedere e immaginare, creare a forme di vita totalmente diverse da quelle che conosciamo. Riusciremo anche a riprodurre i neuroni? E i tessuti cerebrali? E se si arriva a questo, potranno questi cervelli sviluppare coscienza e intelligenza? Per ora i neuroscienziati lo escludono, ma questo non toglie che la scoperta presenti alcuni aspetti allarmanti e ci faccia riflettere su che cosa è la vita umana, e fino a dove è lecito spingere la ricerca.
Benissimo consegnare i farmaci “a domicilio” nel corpo umano, con questi piccoli droni biologici. Fantastico utilizzarli come spazzini per pulire i vasi sanguigni (e in futuro forse anche il cervello) dalle placche, meraviglioso poter contare su entità microscopiche per decontaminare ambienti radioattivi e liberarci dalle microplastiche.
Ma mentre è difficile immaginare che un robot fatto di metallo e circuiti al silicio posa sviluppare la coscienza, possiamo essere sicure che le staminali ingegnerizzate non ci sfuggano di mano, creando nuove forme di vita che non riusciremo a controllare? Stiamo cercando di sostituirci al Creatore? E con quali conseguenze, tenendo anche conto che questa ricerca – come moltissime ricerche di avanguardia -, è stata finanziata dal DARPA, la potentissima agenzia per i programmi di ricerca avanzata del Ministero della Difesa americano?

Viviana Kasam

(20 gennaio 2020)