Oltremare – Stagioni
In questo lungo inverno israeliano ci aspettiamo ancora almeno una nevicatina a Gerusalemme per far contenti i bambini, e può darsi che nel giro di una settimana la avremo. Dicesi lungo inverno israeliano: un paio di settimane durante le quali fa moderatamente freddo, può piovere più o meno lungamente, di sicuro ci sono allagamenti largamente prevedibili e non per questo minimamente gestiti dalle autorità; poi, quando tutto sembra prendere una piega color fango francamente sgradevole, si alzano gli occhi e nel prato più vicino sono spuntate le “kalaniot”, che c’è chi traduce come anemoni, o come papaveri, l’essenziale è che sono di un bel rosso acceso che fa quasi male agli occhi contro il verde chiaro intenso dell’erba nuova. Durano un mese al massimo, portano colore, giornate all’aria aperta, e allegria.
Ma non siamo ancora lì, proprio no. I campi che corrono fuori dal finestrino del treno sono in larga parte allagati, eppure sono sicurissima che non coltiviamo riso, quaggiù in Medio Oriente, al massimo grano ma molto più avanti, verso l’estate. Il verde comincia a prevalere, ma il colore scuro della terra allagata e il fango onnipresente perfino in città ci ricordano che siamo ancora immersi fino al collo in sabbie mobili politiche che hanno la principale caratteristica di bloccare tutto e tutti.
Dopo un intero anno senza un governo effettivo, la frase che si sente in assoluto di più, oltre alla canonica “ah, ma la pioggia è benedizione!” è: noi il budget l’abbiamo approvato, ma senza Knesset non ci possiamo muovere. Frase applicabile a qualunque mancanza: manutenzione delle strade non effettuata nei tempi necessari e conseguenti tragedie, fondi per dare pasti caldi ai bambini nelle scuole in luoghi dove, davvero, è criminale non farlo, e via dicendo. L’unica è sperare che il fango si asciughi in fretta e la stagione delle kalaniot porti a ruota una Knesset battagliera e intelligente. Perché qui, come ovunque nel globo, ad accampar scuse siam buoni tutti.
(20 gennaio 2020)