Crimini di odio, i numeri dell’Oscad
“Lavoriamo per un Paese inclusivo”

La minaccia dell’odio razzista è un problema significativo, che rischia di mettere in pericolo il futuro del Paese. Lo confermano i dati dell’Oscad, l’osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori della Polizia con cui l’UCEI da tempo strettamente collabora, forniti quest’oggi nel corso dell’evento “Le vittime dell’odio” organizzato nella sala polifunzionale di Palazzo Chigi. Poco meno di un migliaio, per l’esattezza 969, gli atti discriminatori censiti nel 2019. Un dato che è segnalato in calo rispetto sia al 2018 che al 2017, ma che suscita comunque particolare allarme nel momento in cui si vanno a pesare i fatti specificamente razzisti. Nel 2016 erano 494, nel 2019 sono stati ben 726.
Per quanto riguarda i crimini di odio inseriti nella categoria “razzismo e xenofobia”, comprendente anche gli episodi di antisemitismo rilevati, la maggior parte ha riguardato incitamento alla violenza (234 episodi), profanazione di tombe (147), aggressioni fisiche (93), turbativa della quiete pubblica (91), minacce (71), danni materiali (40), furti/rapine (32), vandalismi (10). Numeri e dati al servizio delle istituzioni, cui oggi si è rivolto il vicecapo della Polizia Vittorio Rizzi che fortemente ha voluto questo evento nel decennale dalla nascita dell’osservatorio. Ad intervenire, in rappresentanza del governo, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e quella delle Pari Opportunità Elena Bonetti.
Numerose le voci poi intervenute, in rappresentanza di varie categorie. Anche il mondo dello sport cui l’Unione si è rivolta negli scorsi giorni con l’iniziativa “Un calcio al razzismo”.
“In questo periodo assistiamo a vari episodi che richiamano alla mente episodi che pensavamo aver lasciato indietro nel tempo. Questo nel 2020 non è più accettabile” ha sottolineato la ministra Lamorgese. “Il compito della politica e delle istituzioni – ha poi aggiunto – è quello di rendere il nostro Paese inclusivo. Dobbiamo lavorare su questi aspetti e sulla cultura del vivere insieme. È questo quello che dobbiamo tramandare ai giovani con tutte le iniziative positive che noi come governo dobbiamo essere pronti a mettere in campo”. La ministra ha esordito citando la celebre frase di Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Parole che, ha sottolineato, “è sempre bene tenere a mente”. 
Concetti in linea con quanto poi affermato dall’altra esponente di governo. “È importante – ha detto Bonetti – mettere al centro il tema della lotta alla discriminazione e affermare in modo netto che servono politiche e assunzione di responsabilità, sia da parte delle istituzioni sia da parte della società civile, per eliminare qualsiasi forma di odio e promuovere un modello di società differente”. Compito primario delle istituzioni, per Bonetti, è “tornare ad essere presidio nel Paese, promuovendo azioni di governo e dinamiche sociali capaci di incarnare ciò che è scritto nella Costituzione”. Ad essere citata anche la recente adozione della definizione di antisemitismo dell’Ihra disposta dal Consiglio dei ministri. 
Tra le criticità citate da Rizzi nel suo intervento introduttivo i problemi dell’under-reporting e dell’under-recording, che renderebbero la già inquietante statistica svelata oggi una panoramica comunque parziale. La sfida, come ha spiegato, è anche quella “di non banalizzare nessun episodio di intolleranza, supportare la vittima, spesso impaurita, nel percorso di denuncia, e dedicare una formazione continua e specialistica alle forze di polizia perché affinino la sensibilità nel riconoscere la componente discriminatoria di questi reati”. Uno specifico riferimento è stato fatto anche alle misure adottate su un piano normativo, come “il passo avanti” compiuto alcuni anni fa con il riconoscimento dell’aggravante di reato per la negazione della Shoah. 
Emozionanti, in apertura di evento, le parole della senatrice a vita Liliana Segre. “Non perdono e non dimentico. Ma non odio. Solo così – la sua riflessione, in una intervista registrata – si possono poi apprezzare i doni della vita”.
Tra i relatori del primo panel, dedicato alla discriminazione contro le identità religiose, anche l’ingegner Nando Tagliacozzo la cui famiglia fu duramente colpita dalla Shoah. “Oggi – ha affermato con preoccupazione – ci sono amici che hanno tolto il proprio cognome dal campanello, che non girano per strada con la kippah. Oggi diversi ebrei lasciano la Francia”. 
Una realtà angosciante che non può essere elusa. 

(21 gennaio 2020)