Il ventennale di Craxi
Il ventennale della morte di Bettino Craxi, deceduto ad Hammamet (Tunisia) il 19 gennaio 2000, e anche l’uscita di un film sui suoi ultimi giorni (intitolato Hammamet), sono stati l’occasione per una disamina dei percorsi bizzarri con cui l’Italia fugge dalla verità così come Craxi fuggì dall’Italia.
Anzitutto, chi lo avversava tiene a far ricordare Craxi come un ladro. Non entriamo nel merito, semmai rimandiamo alle pronunce giudiziali in materia, ma possiamo soggiungere che Napoleone Bonaparte depredò tutti i territori che conquistava, ma a quanto ci risulta non è ricordato come ladro. Certo, Craxi non era Napoleone, nondimeno, fu un uomo politico con una grande visione, con tante luci e tante ombre, comunque, un uomo di notevole spessore.
Sorprende, però, che sia ricordato ed esaltato per le ombre e non per le luci, sulla base di equivoci marchiani e grossolani. Come si sa, un commando di terroristi palestinesi prese d’assalto la nave di crociera italiana Achille Lauro nell’ottobre 1985, uccidendo un invalido ebreo americano, Leon Klinghoffer e buttandolo in mare con la sua sedia a rotelle. Gli autori di quest’atto selvaggio riuscirono a fuggire e, saliti a bordo di un aereo della Egypt Air, furono fatti scendere da caccia americani nella base statunitense di Sigonella, dove vi fu un confronto tra forze italiane ed americane senza altra conseguenza che la fuga del capo del commando, Abbu Abbas, poi condannato all’ergastolo dal Tribunale di Genova. Nel corso del confronto di Sigonella, vi fu anche un drammatico colloquio telefonico fra Craxi ed il rappresentante di Reagan, Michel Ledeen, che conoscemmo durante il suo soggiorno romano, quale lettore di storia americana.
Resta da capire come la liberazione di un terrorista poi condannato in contumacia all’ergastolo, che dopo aver sequestrato una nave italiana aveva anche ucciso e buttato a mare un invalido ebreo, possa essere considerata un atto di difesa della sovranità italiana, solo perché segnava il contrasto con gli odiatissimi americani.
Certo, il terzomondismo di Craxi era funzionale ad una sua strategia, ambigua ma comprensibile, di collocazione ed affermazione del Paese come sub potenza mediterranea. Il che non toglie che la nave sequestrata fosse italiana e che, di conseguenza, proteggere chi ti dirotta una nave sia un modo ottimo di allacciare rapporti con quel mondo, ma al contempo un modo pessimo di affermare i principi di civiltà giuridica e di sovranità.
Non aiuta, però, ad inquadrare la figura storica di Bettino Craxi né la sopra richiamata ed esclusiva qualificazione come fuorilegge né l’abbondante demonizzazione che iniziò a colpirlo quasi subito, non certo a partire dallo stesso Congresso del Midas che nel 1976 lo elesse segretario del Partito Socialista, ma pressoché.
In questo senso, la demonizzazione e l’accusa di corruzione sono state una costante della politica italiana, senza tener conto che sarebbe stato non meno urgente curare al contempo la cultura e l’economia per consentire alla nostra democrazia italiana una navigazione meno avventurosa di quella attuale. Tutto ciò, in un quadro di confusione e di violazione costante delle regole della logica, per cui, come detto, di Craxi si celebrano oggi i fatti negativi più di quelli positivi.
Emanuele Calò, giurista