Milano e gli archivi aperti dell’Egeli, storie di un esproprio di Stato
Un lavoro di due anni per restituire al pubblico un fondo che racconta molto dell’Italia fascista, della burocrazia messa in piedi dal regime per colpire i cittadini ebrei ed escluderli dalla vita del paese. Con un’iniziativa promossa nel quadro del Giorno della Memoria, l’Archivio Storico di Intesa Sanpaolo rende pubblico l’archivio legato ai beni espropriati, confiscati e sequestrati agli ebrei e non solo in Lombardia dall’EGELI (Ente Gestione e Liquidazione Immobiliare), organo governativo che ebbe un ruolo chiave in queste spoliazioni fra 1938 e 1945. “È un modo per far conoscere una pagina poco nota della persecuzione ebraica, legata al ruolo che hanno avuto le banche: la spoliazione materiale, il sequestro dei beni fu il primo passo per far perdere la dignità ai nostri concittadini ebrei” sottolinea a Pagine Ebraiche Barbara Costa, responsabile dell’Archivio storico. Assieme ai suoi collaboratori, Costa ha lavorato per mettere ordine e rendere pubblico un fondo costituito da circa 300 faldoni d’archivio contenenti circa 1500 pratiche nominative di ebrei che furono oggetto di un provvedimento di sequestro a causa delle Leggi razziste. Un’iniziativa che, attraverso le carte, riporta in luce nomi, volti, storie di chi fu vittima della macchina persecutoria in Lombardia. Tra questi, l’Archivio ne ha scelti sei rappresentativi, ponendoli al centro della mostra “Storie restituite. I documenti della persecuzione antisemita nell’Archivio Storico Intesa Sanpaolo”, dal 23 gennaio (fino al 23 febbraio) esposta nella Sala Ulisse delle Gallerie d’Italia di Milano.
Eugenio Colorni, Rinaldo Jona, Aurelia Josz, Gino Emanuele Neppi, Piero Sonnino, Shulim Vogelmann sono le sei “storie restituite” attraverso le carte del fondo e intrecciate con altre documentazioni che danno l’idea di come operarono le spoliazioni e di quale destino segnò chi ne fu vittima. “Nella Sala Ulisse queste sei storie saranno ricostruite su degli scaffali di una simbolica stanza d’archivio che rappresenta i circa 50 metri lineari del Fondo. Inoltre i visitatori, nel corso della visita, sentiranno i 1500 nomi legati ai fascicoli dell’Egeli, letti dai colleghi di Intesa Sanpaolo. Una testimonianza di partecipazione a questo progetto. Nell’altra stanza, nella saletta Mattioli, sarà invece possibile attraverso un touch screen andare a scavare nell’inventario e analizzare le carte” spiega Costa, il cui auspicio è che sia esperti sia cittadini comuni si avvicinino all’archivio per studiarlo e scoprirlo in quanto patrimonio di una storia comune. “Abbiamo portato avanti un progetto pilota con alcune classi medie, presentando agli studenti dei documenti legati ai quartieri in cui si trovano le loro scuole: abbiamo elaborato un percorso che raccontasse loro via per via i diversi sequestri, aiutandoci con l’Archivio Publifoto di Intesa Sanpaolo per visualizzare la Milano dell’epoca della guerra, in particolare sotto i bombardamenti. Ci sembra che l’impatto nei ragazzi sia stato molto positivo. Il nostro intento è quello di rendere vivi e fruibili i nostri archivi”.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche Gennaio 2020