Kirk Douglas (1916-2020)

“Oggi sono un uomo”. Aveva 83 anni quando, per Kirk Douglas, iniziò una nuova vita. Dopo un lungo distacco, la celebrazione di un secondo Bar Mitzvah, la maggiorità religiosa ebraica, fu il suo modo (anche simbolico) di riconnettersi alle radici.
Si è Bar Mitzvah a 13 anni. Ma Douglas, quel giorno, pur con qualche primavera in più, sembrava davvero un ragazzino. Così almeno lo descrivono i giornali dell’epoca, che ricordano come il drammatico incidente aereo avvenuto alcuni prima, cui sopravvisse per miracolo, rappresentò per il pluripremiato attore statunitense uno snodo fondamentale di consapevolezza. Fu dal letto dell’ospedale, si ricorda, che iniziò a porsi domande sul significato e il valore autentico della vita. La risposta la trovò nell’ebraismo, al cui studio e approfondimento dedicò molte energie. Ad aiutarlo un gruppo di rabbini ortodossi e altre istituzioni ebraiche (non sempre comprese nel mondo dell’ortodossia).
Il rabbino conservative David Wolpe, in un ricordo pubblicato sul New York Times, scrive: “Il mondo conosce Kirk Douglas come Spartaco e come uno dei più grandi attori di sempre. Io lo conosco come mio compagno di studi. Per quasi 25 anni mi sono incontrato con Kirk Douglas, nato come Issur Danielovich, una volta alla settimana. Studiavamo insieme. Dopo la Bibbia – ‘Sono nato per interpretare questo ruolo’, diceva del re Davide – siamo passati alla Mishnà, ma abbiamo anche letto Il Profeta di Khalil Gibran; approfondito la poetica di Walt Whitman; studiato la moderna teologia di Abraham Joshua Heschel e Martin Buber”. Letture che hanno lasciato il segno. La Torah, ha detto una volta Douglas, “è la miglior sceneggiatura mai scritta”.
Figlio di due ebrei bielorussi emigrati in cerca di fortuna in America, Douglas ebbe la possibilità di affrancarsi dalla povertà grazie all’offerta di dedicarsi agli studi rabbinici pervenutagli da una sinagoga newyorkese. Il giovane Kirk rifiutò però l’offerta, preferendo dedicarsi allo studio della recitazione. Una scelta che, come tutti ricordano in queste ore ripercorrendo le tappe della sua straordinaria carriera, l’ha portato lontano. Anche nel segno di quelle radici ebraiche che, a lungo sopite, rimaste un po’ ai margini rispetto ad altre scelte, hanno caratterizzato in modo intenso l’ultima parte della sua vita.
Tra i riconoscimenti più significativi ottenuti recentemente il premio Theodor Herzl conferitogli dal World Jewish Congress. Questa la motivazione: “Ha promosso gli ideali che furono di Theodor Herzl a difesa di un mondo più sicuro e più inclusivo”.
Nel 1976 Douglas fu tra i protagonisti del film La lunga notte di Entebbe, dedicato all’incredibile operazione di salvataggio di ostaggi compiuta dall’esercito israeliano. Nell’azione perse la vita il comandante, Yonatan Netanyahu, fratello del futuro primo ministro Benjamin. “Israele – ha detto Netanyahu – piange la morte di un leggendario attore, di un ebreo orgoglioso di esserlo e di un grande amico dello Stato di Israele”.

(6 febbraio 2020)