“Svastica su casa Szorenyi,
sdegno e profonda preoccupazione”

Grande sconcerto ha suscitato il ritrovamento di una svastica sul muro dell’abitazione a San Daniele del Friuli in cui visse Arianna Szorenyi, 86 anni, deportata ad Auschwitz assieme ai suoi cari in seguito a una delazione.
“Un nuovo inquietante episodio – ha commentatoNoemi Di Segni, presidente UCEI – riporta in queste ore l’attenzione dei media sul tema dell’odio, del razzismo e in particolare dell’antisemitismo. Quanto accaduto a San Daniele del Friuli, dove una svastica è apparsa sulla casa dove visse la Testimone della Shoah Arianna Szorenyi, che proprio nella località friulana fu catturata insieme ai suoi cari e da lì deportata con ultima destinazione Auschwitz, suscita non solo sdegno ma anche profonda preoccupazione. Sono molteplici infatti gli episodi analoghi avvenuti in questi giorni e settimane in varie città d’Italia. Un campanello d’allarme che riguarda tutti e che non può essere ignorato”.
“Hanno disegnato una svastica sulla porta di casa mia? È una vergogna. Siamo un popolo senza memoria e rispetto” ha commentato la Testimone della Shoah, intervistata da Repubblica. “Papà – racconta la donna, la cui testimonianza è centrale nel film Anna Frank. Vite parallele – era un ebreo praticante che per le leggi razziali aveva perso il lavoro di capo commesso in banca. Mia madre era impiegata. Cattolica osservante, aveva battezzato tutti e otto noi figli. Vivevamo più o meno sereni a San Daniele, quando i nazisti ci hanno strappato per portarci nei campi di concentramento. Traditi da un dipendente del Comune che voleva il posto di mia sorella. Venduti per un tot di lire ad ebreo. Come al mercato”.
“Ho sentito Arianna, è molto colpita da quanto accaduto. Vive ormai da tempo a Milano, ma è rimasta comunque legata a San Daniele del Friuli. Prima della delazione che le costò la cattura i suoi ricordi sono positivi. Quel che è accaduto è triste e avvilente” dice Marcello Pezzetti a Pagine Ebraiche.
Come ricorda il Cdec in una scheda stilata da Liliana Picciotto, Arianna Szorenyi Giovannella è nata a Fiume il 18 aprile 1933 da Adolfo Szorenyi, ebreo di origini ungheresi, e Vittoria Pick, triestina e cattolica. Il padre, precedentemente sposato, aveva altri quattro figli nati dalla prima moglie. Arianna, minore di cinque sorelle e due fratelli, crebbe nella città di Fiume, dove il padre e la madre lavoravano con la qualifica di impiegati di banca. A causa delle leggi razziali del 1938 e ai bombardamenti sulla città di Fiume, i genitori lasciarono il lavoro e nel 1943 la famiglia sfollò a San Daniele del Friuli. La famiglia Szoranyi si stabilì in un appartamento poco distante dalla casa dove viveva la sorella maggiore di Arianna. Il 16 giugno 1944, mentre gli uomini erano al lavoro (impiegati presso la Todt) Arianna insieme alla madre ed alle sorelle venne arrestata da un gruppo di SS.; ogni componente della famiglia fu interrogato, costretto a consegnare ogni oggetto di valore che possedeva, e successivamente deportato prima al campo di concentramento di San Sabba, poi condotto a Trieste e quindi ad Auschwitz. All’arrivo ad Auschwitz la famiglia venne fatta scendere dal vagone e separata per sesso: Arianna superò la prima selezione, fu condotta alle docce per essere spogliata e tatuata con il numero di immatricolazione 89.219, quindi alloggiata con la madre e le sorelle in una baracca del campo di Birkenau. Nell’ottobre 1944 Arianna, separata dalla madre e dalle sorelle, fu trasferita in un kinderblock femminile, una baracca adibita all’alloggio di bambine e ragazzine, dove le attività erano regolamentate da una kapò. Nel gennaio del 1945, a causa dell’avanzata russa, venne evacuata dal campo insieme a donne, uomini ed altri bambini; camminò per tre giorni e tre notti nella neve senza conoscere la meta della marcia assistendo all’esecuzione di molti prigionieri; lei stessa rischiò la morte, ma un soldato SS. decise di risparmiarla, caricandola su un vagone aperto diretto al campo di Ravensbruck. Nel marzo 1945 fu trasferita al campo di Bergen Belsen; qui conobbe Ester Braun, e i suoi due figli Erminia e Roberto, con i quali passò l’ultimo periodo di prigionia. Nel mese di aprile il campo venne liberato dalle truppe inglesi e nel settembre 1945 partì in treno per l’Italia con la signora Braun dalla quale si separò a Merano. Dopo aver raggiunto Udine, contattò la sorella rimasta a San Daniele del Friuli che, inizialmente la prese in custodia e successivamente preferì affidarla all’orfanotrofio del paese, dove trascorse la sua adolescenza. Arianna scoprì che della sua famiglia era sopravvissuto, oltre a lei, un solo fratello. Nel 1952, ormai maggiorenne, si trasferì a Milano dove lavorò come sarta e si sposò nel 1960.

(8 febbraio 2020)