Due stati per quattro popoli
Naturalmente, lo si trova (Two states for three peoples: the ‘Palestinian-Israeli’ in the Future Vision Documents of the Palestinians in Israel Ayman K. Agbaria & Muhanad Mustafa) e, aggiungerei, non lo trova chi non o vuol trovare. Perché non scrivere “Due Stati per quattro popoli” visto che vi sono degli ebrei anche nella West Bank?
Disquisire di “Due Stati per due Popoli” vuol dire che si inizia con una menzogna, perché in Israele vi sono quasi due milioni di arabi. Ora, se si vuole mentire, diventa inutile scrivere sui giornali, perché lo scopo di ingannare i lettori è inequivocabilmente abietto e privo di qualsivoglia dignità.
Può costruirsi la pace sulla menzogna? George Steiner, recentemente scomparso, rivendicava per l’ebraismo diasporico una superiore qualità etica, che avrebbe permeato di sé il popolo ebraico nel suo itinerario vitale (e spesso mortale) quale popolo – ospite. Se così fosse oppure, volendo assumere che così sia, in guisa di popolo che non umilia altri popoli, per quale ragione continuare a sostenere, in mala fede (oppure, più precisamente, perché accettare) che si continui a disquisire di due popoli per due Stati, rimuovendo la presenza di 1.890.000 arabi in Israele, speculari alla cacciata degli ebrei dai Paesi arabi? Più precisamente, gli ebrei non potrebbero vivere in un futuro Stato palestinese, benché gli arabi vivano, con grande soddisfazione ed orgoglio di noi ebrei, sia ben chiaro, nello Stato d’Israele?
Desta meraviglia, poi, alla luce di siffatta binazionalità, che con grande naturalezza si accusi Israele di apartheid, forse con la stessa naturalezza con cui si sorvola sui continui attentati che sono posti in essere contro gli israeliani, per tacere dei veri e propri bombardamenti.
La rassegnazione ad essere demonizzati, ad essere massacrati e bombardati è perfettamente comprensibile, ma non è detto che questa guerra di rimozioni e, in ultima analisi, di scoperta inversione della realtà sia il miglior modo di conservare una qualsivoglia prospettiva di addivenire ad una pace che è difficile da raggiungere, ma non impossibile.
Emanuele Calò, giurista
(11 febbraio 2020)