Ticketless – Rita Levi Montalcini, la balena e il pesce luna
«Insegnandomi la geografia, mia madre mi raccontava di tutti i paesi dov’era stato mio padre da giovane. Era stato in India, dove s’era preso il colera, e, credo, la febbre gialla; ed era stato in Germania e in Olanda. Era stato poi anche nello Spitzberg. S’era sporcato tutto col sangue di balena, e i vestiti, che aveva riportato indietro, erano imbrattati e duri di sangue secco». Così Natalia Ginzburg, in Lessico famigliare: «Poveretta, quando sono tornato dallo Spitzberg, che ero stato nel cranio della balena a cercare i gangli cerebro-spinali, avevo con me in un sacco i miei vestiti tutti sporchi di sangue di balena, e a lei le faceva schifo toccarli. Li ho portati in soffitta, e puzzavano in un modo terribile! – Non li avevo mica trovati, i gangli cerebro-spinali, – disse mio padre. – Mia mamma diceva: “Ha sporcato dei vestiti buoni, per niente!” – Forse non li avevi cercati bene Beppino! – disse mia madre. – Forse li dovevi cercare ancora!».
Di questa ricerca dei gangli cerebrospinali delle balene nello Spitzberg (in realtà nell’isola Spitzbergen, la più vasta dell’arcipelago Svalbard nelle acque norvegesi, tradizionale stazione portuale nella caccia ai cetacei e alle foche) parlano in un saggio che definire strepitoso è poca cosa, Marco Piccolino in collaborazione con Antonio Barasa e Dario Cantino.
Ho letto questo saggio meraviglioso mentre mi capitava di rileggere, dopo tanti anni, l’Elogio dell’imperfezione di Rita Levi Montalcini, testo propedeutico indispensabile per comprendere Lessico famigliare e tante altre cose (storico-letterarie, non di scienza). Di quegli esperimenti sulle balene e sul pesce luna la Montalcini e Rodolfo Amprino, l’allievo più amato di Giuseppe Levi e suo attento biografo, offrono una lettura diversa da quella domestico-didascalica della moglie del professor Levi. La divergenza principale con il racconto di Natalia è nelle ragioni dell’insuccesso. Secondo Amprino, Levi i gangli li aveva trovati e un pesce-luna di 80 kg glielo aveva fornito davvero, insieme a un altro più piccolo (di 40 kg) durante il suo soggiorno a Palermo, città nella quale Levi occupò la cattedra di anatomia umana dal 1914 al 1919, anno del trasferimento definitivo a Torino, il direttore della tonnara di Trabia “Il Cavalier Dentici” – come Levi ricorda in una sua memoria presentata all’Accademia Reale di Scienze, Lettere e Arti del capoluogo siciliano: «I due pesci furono spediti in ottimo stato di conservazione». Non è semplice riassumere questo saggio brillante, sorprendente e pieno di notizie nuove. Conviene rileggerlo per intero, presto e subito. Lo zoo ebraico-italiano si arricchisce di due nuove presenze. Il pesce luna e la balena. Qualche settimana fa dicevamo dell’elefante, tutti sanno della capra dal volto semita. Semita si direbbe anche il profilo del pesce luna del professor Levi.
Alberto Cavaglion