Bundismo e sionismo
Il volume Egemonia nazionale. Gramsci, Medem e la questione ebraica nel Novecento, curato da Vincenzo Pinto e edito da Salomone Belforte & C. (Livorno 2019), è composto da scritti di vari autori, ma i più significativi sono quelli dello stesso Pinto (“Quale autonomia? Gramsci e la questione nazionale ebraica”) e di Vladimir Medem (“La questione nazionale e la socialdemocrazia”).
Suscita un particolare interesse il testo di Medem, non perché quello di Pinto non presenti spunti di riflessione ma perché lo stesso Pinto sottolinea la scarsità delle fonti, ridotte a qualche cenno sparso nei Quaderni dal carcere e soprattutto a uno scambio epistolare di Gramsci con la cognata Tatiana Schucht. D’altra parte proprio Pinto sottolinea che Gramsci rimase sempre un marxista-leninista e questo non gli consentì di avvicinarsi a comprendere la questione della specificità ebraica limitando il suo interesse agli aspetti linguistici.
L’interesse per il testo di Medem nasce dal fatto che egli fu uno dei maggiori esponenti del Bund (Unione generale dei lavoratori ebrei di Russia, Polonia e Lituania) e anche questo scritto aiuta a comprendere le ragioni per le quali, in definitiva, il bundismo fu sconfitto, nella lotta per l’egemonia sulle masse ebraiche dell’Europa orientale, dal sionismo. Se è vero che il Bund ricevette duri colpi da forze esogene (quelle bolsceviche dopo la Rivoluzione d’Ottobre in Russia; l’occupazione tedesca della Polonia nel 1939 e quella sovietica della Lituania nel 1940) è anche vero che nel corso degli anni ’20 e ’30 del Novecento la capacità di influenza del bundismo venne progressivamente erosa dall’espandersi di quella sionista, come è dimostrato dall’aumento delle aliyot negli anni ’20 e ancor più negli anni ’30, anche se esso svolse ancora un ruolo rilevante nell’insurrezione di Varsavia contro i nazisti.
Il testo di Medem mostra che, nel conflitto all’interno del Bund tra tendenze nazionaliste e assimilazioniste, egli scelse una terza via, che definì “neutralismo”, che, in sostanza, consisteva nel mettere tra parentesi il problema dello Stato e di concentrare le forze del movimento bundista sulla formazione culturale – per mezzo di specifici istituti autonomi – delle masse ebraiche e, in particolare, sulla creazione di un sistema scolastico fondato sull’uso dello yiddish.
È proprio la sottovalutazione del problema della creazione di uno Stato degli ebrei – nel momento in cui tutto il movimento sionista, da David Ben Gurion a Ze’ev Jabontinsky, ne sottolineava la necessità – che mette in evidenza, come abbiamo detto, le motivazioni del progressivo declino del movimento bundista.
Valentino Baldacci