La narrativa nazionalistica
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, oltre dodici milioni di tedeschi fuggirono o furono espulsi dall’Europa Orientale, da quelle regioni precedentemente occupate dai nazisti che divennero poi parte del blocco socialista, per riparare in Germania o in Austria – altre stime parlano di sedici milioni di persone. Non esiste una stima esatta per accertare quanti tedeschi morirono di fame, di stenti o per ritorsioni ed eccidi durante i trasferimenti e le evacuazioni del Dopoguerra, tanto meno per determinare quanti di essi avevano effettivamente collaborato o preso parte agli stermini nazisti, si tratta comunque nel primo caso di milioni di individui. Sicuramente tra i tedeschi che abitavano ad est del fiume Oder non mancarono forse giusti e innocenti che caddero ugualmente vittima a causa delle politiche d’aggressione nazista, e furono uccisi dai nazisti stessi, dagli autoctoni o dai sovietici dopo. La presenza germanica nei territori slavi e baltici non risale alle conquiste prussiane o al Drag nach Osten di Hitler ma ha origini che si perdono nella notte dei tempi. Espansioni di regni e migrazioni di popoli germanici avvennero già prima di quella che dal XII secolo assunse il nome di “ostsiedlung” – colonizzazione dell’est – portando alla creazione di numerose aree ed insediamenti teutonici che dal Baltico arrivarono a toccare il Mar Nero e il fiume Volga.
I profughi tedeschi al loro arrivo in Occidente, oltre a versare in pessime condizioni, furono spesso trattati con diffidenza, e disprezzati dagli altri tedeschi, perché percepiti come complici delle politiche e dei piani di conquista nazisti. La tematica degli esodi e della passata presenza tedesca nei territori dell’Europa Orientale, in Germania rimane in parte ancora oggi un tabù e un argomento controverso. Sovente è stata affrontata da Gunter Grass nelle proprie opere letterarie. In generale le migrazioni e i trasferimenti volontari o forzati di popolazione contraddistinsero tutto il periodo che va dal 1944 al 1952, e coinvolse più popolazioni, per quanto si tenda a ricordarne soltanto alcuni.
L’esodo istriano-dalmata si trova tra questi e per molti aspetti può essere comparato in piccolo a quello tedesco. Gli eccidi delle foibe che precedettero gli esodi, ai fini di una strumentalizzazione politica vengono talvolta decontestualizzati, con il fine di omettere le responsabilità nazi-fasciste in area balcanica, o di dimenticare la presenza millenaria di popolazioni di lingua romanza nella stessa. La tendenza è quella di trasformare ciò che dovrebbe essere parte di una memoria collettiva senza confini in una narrativa nazionalistica talvolta con tratti irredentistici, dove ognuno “piange soltanto i propri morti”, che divengono i “nostri morti”, le “nostre tragedie” o i “nostri martiri” da contrapporre ad altri/e. Commemorazioni come quelle della “giornata del ricordo”, non dovrebbero omettere di ricordare in primis la tragedia dei nazionalismi che sorsero nell’Europa del secolo scorso, da Occidente a Oriente, e le conseguenze delle politiche di aggressione nazi-fasciste. E magari un giorno potrebbero valicare i confini per ricordare le vittime degli uni e degli altri, senza distinzione di lingua o nazionalità.
Francesco Moises Bassano
(14 febbraio 2020)