Periscopio – Spartaco, ricordando Kirk
Ricordare Kirk Douglas, a pochi giorni dalla sua scomparsa, significa confrontarsi col ricordo di un grande attore e un grande uomo, il cui nome resterà scolpito per sempre nella storia del cinema e della cultura americana. Legatissimo alle sue radici ebraiche, Douglas si è sempre impegnato con grande determinazione, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, nella difesa dei valori ebraici, così come nella denuncia delle vecchie e nuove minacce incombenti sul suo popolo e su ciò che esso rappresenta, e la sua condanna delle menzogne dell’antisionismo, data la notorietà del personaggio, ha avuto larga eco, in tutto il mondo. Una delle sue ultime foto, che lo ritraggono ammantato dal tallèt, accanto al figlio e collega Michael, con lo stesso sguardo fiero dei personaggi da lui interpretati sul grande schermo, resterà scolpita nel nostro cuore come simbolo di forza d’animo, dignità e onore, come esempio di una vita intensamente e nobilmente vissuta, sempre animata da un’alta tensione morale, nella finzione scenica come nella realtà.
Per rendergli omaggio, vorrei dire due parole su una delle sue pellicole più famose, il peplum Spartaco, girato nel 1960. L’opera, tratta da un romanzo di Howard Fast, fu iniziata sotto la regia di Anthony Mann, che fu però presto licenziato da Kirk (che del film, oltre che protagonista, era anche produttore), per essere sostituito dal grande Stanley Kubrick, che aveva già diretto l’attore, tre anni prima, in Orizzonti di gloria.
Il film, com’è noto, narra della gloriosa e tragica epopea del gladiatore trace che, tra il 73 e il 71 a.C., si mise alla testa di una grande insurrezione di schiavi, i quali, con la forza della disperazione, riuscirono a tenere sotto scacco per due anni gli eserciti della potentissima Repubblica romana, fino – esito assolutamente segnato e inevitabile – ad essere dalla stessa sgominati. La vendetta di Roma fu terribile: sulla via Appia, tra Roma e Capua, furono erette seimila croci, sulle quali furono lasciati agonizzare e morire i ribelli superstiti.
Nel film vediamo l’eroe sconfitto, legato alla croce, mentre, prima di morire, riceve la visita della moglie, che gli mostra il loro figlio da poco nato, rivelando al padre morente che il bambino vivrà da uomo libero. Spartaco alza gli occhi al cielo, consolato dalla notizia, ma il pensiero che soprattutto lo sorregge, nei suoi ultimi istanti, è che la sua lotta ha solo incontrato una temporanea sconfitta, ma continuerà, e non potrà non avere un esito vittorioso, trattandosi di una guerra in nome della libertà e della giustizia: “torneremo, e saremo milioni”.
Il nome di Spartaco, com’è noto, è stato continuamente evocato, nei secoli, come emblema di resistenza contro l’oppressione, coraggio, audacia, dignità, capacità di sollevarsi contro le ingiustizie, costi quel che costi. Nel suo nome sono state combattute tante battaglie di libertà e anche – come inevitabile – tante campagne propagandistiche di falsa libertà (“Spartaco”, per esempio, divenne una sorta di marchio di fabbrica nell’Unione Sovietica e nei Paesi satelliti, dove innumerevoli società sportive presero questo nome).
In realtà, che Spartaco e i suoi seguaci intendessero realizzare un modo di fraternità, uguaglianza e giustizia è un’ingenua invenzione, così come senza alcun fondamento è la definizione di Karl Marx, che vide in lui un “genuino esponente dell’antico proletariato”. Se, per assurdo, i rivoltosi avessero vinto, avrebbero certamente continuato a praticare la schiavitù, probabilmente con minori garanzie e limiti di quelli che la pur rigida Repubblica, comunque, in qualche misura, concedeva.
Ma un film è un film, ovviamente. Douglas e Kubrick non erano certo chiamati a realizzare un documentario di storia romana, ma a sollecitare le emozioni degli spettatori. Un film su Spartaco, con un protagonista ‘cattivo’, o cinico, non avrebbe certo funzionato, almeno non nel 1960 (oggi, forse, ci si potrebbe provare: non abbiamo forse visto, nel bellissimo Joker, meritatamente premiato con l’Oscar, il cattivissimo rivale di Batman diventare un vendicatore degli emarginati, e il piccolo Bruce Wayne vestire i panni di un bambinello antipatico e viziato, degno figlio di un genitore prepotente, avido e corrotto?).
Se, quindi, nelle lezioni accademiche avremo ancora modo di interrogarci sul senso storico della rivolta di Spartaco, come cultori di cinema, e ammiratori di Kirk Douglas, continueremo a emozionarci di fronte allo sguardo indomito del gladiatore crocifisso, che muore sognando un mondo di giustizia. Anche se, in realtà, il corpo di Spartaco non fu mai trovato, e la leggenda narra che sarebbe stato assunto miracolosamente in cielo, nei Campi Elisi degli eroi. Come Kirk.
Francesco Lucrezi, storico