Coronavirus, le misure nel Nord
In diverse regioni del Nord Italia scuole, musei, cinema e locali rimarranno chiusi per questa settimana – o apriranno con orario ridotto – su indicazione delle ordinanze regionali dirette a contenere il contagio da coronavirus. In Lombardia, spiega il Corriere, “l’ordinanza regionale parla di sette giorni, ma potrebbero diventare quattordici, equivalenti alle due settimane di incubazione del coronavirus. Si cambia regione e città ma la sostanza non cambia. Dopo la Lombardia, tocca al Veneto, al Friuli-Venezia Giulia, al Piemonte, alla Liguria, al Trentino-Alto Adige. Un pugno di ordinanze molto simili fra loro”. Sul Corriere il giurista Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, invita a unire le forze: “ergere barriere non serve, salvo che non ci si riduca a forme nuove di economia curtense. Serve invece rafforzare la cooperazione internazionale, seguire l’esempio dato, in Italia, da politici di parti tanto opposte”. L’Austria intanto ha revocato il blocco sui treni da e per l’Italia mentre dalla Francia il Front National di Marine Le Pen spinge per ripristinare il controllo sui confini e far saltare Schengen. “Condividiamo la preoccupazione per un possibile contagio, ma non c’è bisogno di andare nel panico. L’Europa ha piena fiducia nelle autorità italiane”, le parole del commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, riportate da Repubblica, che spiega come l’Europa stia pensando a misure per aiutare l’Italia: “A Bruxelles in queste ore ragionano su una serie di aiuti che (su eventuale richiesta) comprendono l’invio di medici, esperti, laboratori, ospedali da campo e materiale vario convogliati dai diversi partner dell’Unione europea”.
In riferimento a Milano, il blocco di molte attività in città mette alla prova la tenuta di un sistema, scrive il Corriere mentre la direttrice del Teatro Franco Parenti Andrée Ruth Shammah, intervistata da Repubblica, definisce un errore la chiusura dei teatri e riflette sul rischio psicosi. “lo sono un’inguaribile ottimista. Anche le città senza auto le vedo come un’opportunità. Ma in questo caso non so quale possa essere l’opportunità. – afferma – Israele aveva un’orchestra prima di avere uno stato. Anche nei momenti peggiori, non è mai successo che si chiudessero i teatri”.
Da Gaza nuove minacce al Sud d’Israele. L’esercito israeliano ha deciso di chiudere strade, scuole e una linea ferroviaria intorno alla Striscia di Gaza per questioni di sicurezza, dopo gli attacchi da parte della Jihad islamica palestinese contro Israele. Secondo fonti palestinesi riportate dall’emittente israeliana Kan, l’Egitto e le Nazioni Unite stanno cercando di negoziare un cessate il fuoco che riporti la calma nella regione, ma la Jihad islamica non vuole l’accordo e si rischia l’escalation di violenza. Residenti israeliani al confine hanno detto a Ynet di non essersi stupiti per i razzi palestinesi dopo aver appreso la notizia dell’uccisione di un terrorista della Jihad islamica che aveva cercato di piazzare un ordigno esplosivo sulla barriera di sicurezza (ne parla Repubblica).
Da Bari al piano di pace. Durante il suo discorso a Bari per una riunione della Conferenza episcopale italiana, Bergoglio ha criticato i populismi (“fanno paura, evocano gli anni 30”, Corriere) e parlato di Medio Oriente, esprimendo una critica al piano di pace proposto da Trump. Ha parlato del “pericolo di soluzioni non eque e, quindi, foriere di nuove crisi” rispetto al “conflitto irrisolto tra israeliani e palestinesi” (Repubblica). Sul Giornale, Fiamma Nirenstein contesta le parole di Bergoglio: “Il papa condanna, sia pure con parole velate, il piano di pace di Donald Trump: è un peccato che si affretti a farlo mentre comincia a lavorare la commissione che deve ridefinire, in un contatto con le parti, la strada definitiva per un accordo. Di fatto il piano ripristina l’abbandonato concetto della risoluzione 242 dell’Onu sui territori disputati e la sicurezza necessaria per ogni accordo, non ignora che ciò che è accaduto in questi anni disegna un grande rischio per lo Stato Ebraico”.
Repliche all’ignoranza. Dopo aver dato spazio – senza contraddirne il contenuto – a una lettera in cui si affermava che fino al 1943 gli ebrei in Italia non avevano subito le conseguenze delle leggi razziste, il Corriere affida a un altro lettore la replica: “sostenere che dal 1938 al 1943 la vita per gli ebrei italiani sia stata rose e fiori è una tesi ampiamente contestata dalla storiografia più seria. L’introduzione delle ‘leggi razziali’ costituì infatti un vulnus gravissimo per i cosiddetti ‘appartenenti alla razza ebraica’”, scrive Raffaele Liucci.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked