Pagine Ebraiche – Arieh Sharon,
l’architetto che disegnò Israele

Tracciare confini di città, di aree industriali, di parchi. Sviluppare, delimitandone i contorni, università e ospedali all’interno del tessuto urbano. Pianificare uno Stato intero, che ha confini instabili e non ha ancora al suo interno una struttura definita: mancano case, infrastrutture, collegamenti. Questo compito – ovvero quello di delineare il profilo di Israele – fu affidato a un uomo: Arieh Sharon, “l’architetto della nazione”. È stato lui nello scorso secolo a tracciare la mappa interna di uno Stato in divenire: un figlio della Bauhaus che si trovò davanti un paese intero per sviluppare le sue idee. Fu lui a progettare molte delle strutture pubbliche, residenziali, sanitarie, accademiche, educative e occupazionali d’Israele. In totale, firmò circa 600 progetti, quasi la metà dei quali sono stati costruiti. Ma soprattutto, Sharon è ricordato per essere stato invitato da David Ben Gurion, il primo Primo Ministro israeliano, ad avere la storica opportunità di dirigere il nuovo team di pianificazione urbana dello Stato. Così, Sharon fu uno dei pochi architetti ad avere il lusso di progettare una nazione dal suo tavolo da disegno. Il 6 dicembre 1948, presentando il suo piano di lavoro al Comitato degli Affari interni della Knesset, scrisse: “Rimodellare lo spazio e assicurare il benessere fisico e psichico della popolazione tramite una pianificazione centralizzata. Il ‘Vecchio Mono’ è degenerato, malato, dà vita a mostri urbani. Qui, diversamente che altrove, la ristrettezza dello spazio non offre margini per sviluppi incontrollati, non c’è posto per la degenerazione”. A raccontare oggi le sue vicende in Italia – dove probabilmente è sconosciuto e forse confuso per un altro Sharon, Ariel il generale ed ex Primo ministro – il libro firmato da Michelangelo Fabbrini Da allora siamo qui – Arieh Sharon e il Piano nazionale d’Israele 1948-1953 (Edizioni Clichy). Un volume che, grazie a una ricerca negli archivi Sharon, racconta al pubblico italiano la vita di questo grande architetto e come abbia modellato sulle sue idee uno Stato appena nato.
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Sharon (Ludwig Kurzmann), originario della città di Yaroslav, nel sud della Polonia, fu tra coloro che portarono il Bauhaus a Tel Aviv. All’età di 26 anni, emigrò in Eretz Israel con i membri del movimento “Hashomer Hatzair” e partecipò alla fondazione del Kibbutz Gan Shmuel, dove si occupò per la prima volta anche di lavori di progettazione e costruzione. Il Bauhaus arrivò dopo aver subito un doppio trauma: la giovane moglie morì di parto e, poco dopo, morì anche Saul, il figlio maggiore.
Si diresse quindi verso Dessau, in Germania, e qui Walter Gropius, Hans Meyer e Mies Van der Rohe gli aprirono il loro mondo: “Un’architettura moderna, armonica e vivace è il segno visibile di un’autentica democrazia” diceva Gropius, oltre che “fallo semplice ma significativo”. Nel 1931 Sharon tornò con queste idee di design e architettura funzionale, semplice ed esteticamente bella e le applicò a Tel Aviv, dove altri colleghi del Bauhaus erano sbarcati a causa del nazismo.
Nel corso degli anni pianificò kibbutzim e numerose strutture pubbliche fino alla chiamata di Ben Gurion dopo la nascita dello Stato. “Abbiamo un confine ma ora dobbiamo costruire un paese. E in fretta”, l’avvertimento del Primo ministro. Ci furono momenti in cui il ritmo dei nuovi olim (immigrati) era di mille persone al giorno. Era necessario evidentemente un piano per integrarle nel territorio. Il risultato fu il Piano Nazionale detto anche Piano Sharon che riguardò non solo la costruzione di unità abitative, ma anche edifici e tenute industriali, parchi nazionali e riserve naturali, istituzioni pubbliche e strutture agricole. Sharon creò piani urbanistici che hanno contribuito a plasmare il carattere del giovane Stato. Al suo fianco, Benjamin Idelson. I due collaborarono fino al 1964, ridefinendo il modo in cui i progettisti e il pubblico vedevano l’architettura. La loro idea era di delimitare chiaramente i confini degli edifici e renderli sia funzionali che monumentali, un concetto da imprimere a tutto il paese.

Daniel Reichel, Pagine Ebraiche Febbraio 2020