“Riapriamo Milano al più presto”
Tra proiezioni catastrofiche da una parte e inviti all’unità e alla calma dall’altra, l’emergenza Coronavirus resta l’argomento di apertura di tutti i quotidiani italiani.
Tra gli altri spicca l’appello del sindaco di Milano Beppe Sala: “Milano a luci spente non piace nessuno, che sia una città riaperta al più presto”. Un ritorno alla “normalità” condiviso da molti amministratori locali.
Il noto virologo Roberto Burioni, intervistato dal Corriere, sottolinea: “La paura è un virus e il suo vaccino è l’informazione. Se un bambino teme che nella stanza ci sia un mostro, bisogna accendere la luce. Io sono il primo a dire che il coronavirus non è un raffreddore. Ma questo non significa che sia la peste”. Marcello Sorgi, in un editoriale su La Stampa, riflette sugli errori compiuti dal governo: “Se si genera il panico, e se un piano d’emergenza radicale lo stimola, magari involontariamente; se si mette un numero verde che ciascuno può comporre per chiedere soccorso, e solo dopo ci si ricorda di raccomandare di telefonare unicamente se si avvertono chiari sintomi, è chiaro – scrive – che la gente corre a chiamare”. Sul Foglio si legge che “neanche la paura del coronavirus può giustificare i furbetti dei porti chiusi”, con l’accusa a Lega e Fratelli d’Italia di aver speculato su alcuni recenti vicende. Il teologo Vito Mancuso, su Repubblica, invita ad “andare oltre la paura”. È solo avendo paura – scrive, enfatizzando il concetto che questo termine ricorre molto spesso nella Bibbia ebraica – “che si può generare l’azione del cuore detta coraggio”.
Altro argomento che suscita una certa attenzione mediatica è lo sviluppo delle primarie democratiche per la presidenza degli Stati Uniti. “Alle primarie Dem tutti contro Sanders. Compreso Israele” titola Il Fatto Quotidiano, ricordando i non proprio idilliaci rapporti del senatore del Vermont, che è ebreo, con il governo israeliano. Una polemica riaccesa nelle scorse ore, con l’accusa a Netanyahu di essere un “razzista reazionario”.
Tra meno di una settimana si voterà proprio in Israele. Noa Rothman, nipote di Yitzhak Rabin, ha anche lei parole molto dure verso l’attuale premier. “Israele – dice al Riformista – rischia di restare prigioniera di un passato fatto di divisione e di odio. Quel passato che non passa ha il volto di Benjamin Netanyahu”.
Avvenire segnala lo scambio di esperienze tra gli allievi del Kinneret College on the Sea of Galilee e del Pontificio Istituto di Archeologia cristiana, organizzato a Roma su iniziativa dell’ambasciata israeliana presso la Santa Sede. “Israele – il commento dell’ambasciatore Oren David – è uno Stato molto giovane, ma la sua storia è antica e le scoperte archeologiche sono di grande importanza per svelare il passato dell’umanità”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(27 febbraio 2020)