Il Covid-19 e le altre sfide
Fino a qualche settimana fa gran parte dei media italiani pubblicava una notizia al minuto su ciò che stava accadendo a Wuhan per il Covid-19. Immagini di presunti infetti incatenati e trascinati a forza sulle ambulanze, persone che collassavano in luoghi pubblici ormai deserti e negli ospedali, operatori sanitari vestiti con ingombranti tute bianche che spargevano per le strade getti di sostanze disinfettanti, militari armati sino al collo che presidiavano stazioni e posti di blocco. Non mancavano naturalmente gli scoop e le notizie scandalistiche, il video di una donna che mangiava un pipistrello vivo, gli animali domestici gettati dalle finestre, i reportage dai wet markets asiatici dove negozianti si vantavano di continuare a vendere selvaggina esotica facendosi beffe dell’epidemia. Poco importavano le fonti, e se una notizia fosse attendibile o meno. Non in misura minore, alcuni politici cavalcavano l’onda del coronavirus per rilanciare sovranismi, xenofobia e chiusura delle frontiere. Gli stranieri da invasori si trasformavano così in untori, e dovunque dilagava l’odio nei confronti dei cittadini di origine cinese o di chiunque avesse gli occhi a mandorla. Poi ci siamo accorti in sole ventiquattro ore che il Covid-19 non era una delle tante malattie infettive che tormentano popolazioni e luoghi lontani, come l’ebola, la malaria, o la peste, ma che l’avevamo già in casa nostra, e che probabilmente i cinesi in sé, soprattutto quelli in Italia da generazioni, non c’entravano neppure. Allora gli “untori” e gli indesiderati sono diventati improvvisamente gli italiani. Si parla adesso di turisti e croceristi spensierati respinti “come pacchi” agli aeroporti e nei porti, tratte aeree cancellate, Stati che “minacciano” di mettere in quarantena coloro che provengono dal belpaese. La martellante conta dei contagiati e dei morti per il Covid-19 non proviene più dal remoto Hubei, ma dalla produttiva Lombardia e da paesini bucolici del Veneto. Codogno è diventata la nostra Wuhan, con la differenza che al posto di una città da “Io sono leggenda”, si vedono in TV carabinieri con inutili mascherine da sala operatoria che presidiano qualche desolata strada provinciale, si leggono i racconti di persone tranquillamente in quarantena a casa o di coloro che dopo aver sconfitto il virus con tre pastiglie di paracetamolo sono nuovamente sul posto di lavoro (Repubblica 27/02). Persino i “quotidiani” più scandalistici i quali qualche giorno fa parlavano di “prove tecniche di strage”, adesso hanno convenuto che è preferibile abbassare i toni.
Non ho certo gli strumenti per affermare che sia stato fatto dell’inutile allarmismo o che ci sia stata troppa prudenza nell’affrontare l’emergenza del Covid-19. Non esistono probabilmente soluzioni semplici e certe per gestire un virus in gran parte ancora sconosciuto agli stessi scienziati. Ho solo cercato brevemente di descrivere come tutto questo sia stato raccontato, e gli effetti che la conseguente “infodemia” ha poi inevitabilmente prodotto sul quotidiano e sull’uomo comune. Fantascienza apocalittica, manie cospirazioniste, e archetipi collettivi hanno contribuito poi ha esacerbare il resto, soprattutto sui social network. Credo che a questo punto sia necessario soprattutto una riflessione generale. Riflettere su come esortare ad una migliore informazione mirata appunto all’informare e non al terrorizzare a scopo di lucro. Riflettere sulla realtà di un mondo globale che riguarda chiunque, dove nessuno, quale sia la sua nazionalità o classe sociale, è realmente immune a qualcosa che nasce o avviene a migliaia di chilometri di distanza, per quanto si pensi poi di poterla fermare con toni propagandistici e alti confini. Riflettere che forse il Covid-19 è ben poca cosa rispetto ad altri pericoli incipienti come per esempio quelli legati ai cambiamenti climatici. Sfide che saremo davvero in grado di affrontare se ci coglieranno uniti e privi della presunzione di essere, come italiani, come europei, o come qualunque altra nazione, “primi” e al centro dell’universo.
Francesco Moises Bassano
(28 febbraio 2020)