Israele al voto
In Israele oggi si vota. La terza elezione a stretto giro, con il rischio – come prevedono i sondaggisti – di un nuovo stallo. Diversi i punti di vista proposti oggi sui giornali italiani. Repubblica sceglie di dar voce al malcontento della popolazione araba residente nel cosiddetto ‘Triangolo’, per la quale – si dice – in gioco ci sarebbe il suo stesso futuro.
“Ci sono oltre 300mila cittadini israeliani – si legge – per cui la terza tornata elettorale in meno di un anno che va in scena oggi in Israele vuol dire molto di più delle precedenti. Molto di più dell’ennesimo duello fra il primo ministro Benjamin Netanyahu, indebolito ed incriminato per corruzione ma votato ad una lotta accanita per rimanere in sella, e il suo pacato rivale di formazione militare Benny Gantz. Molto di più di un rituale elettorale ormai venuto a noia a tanti israeliani”. Il quotidiano intervista anche lo storico Benny Morris, che afferma: “Credo che la ricetta della destra sia una catastrofe: la grande Israele significa rinunciare alla maggioranza ebraica, oppure lasciare una fetta di popolazione araba senza diritti”.
Il Corriere ci porta invece a Rehovot, definita “città barometro” per capire gli umori di Israele. “A conteggi fatti – viene spiegato – le scelte dei suoi 140mila abitanti si sono discostate di pochissimo rispetto ai risultati nazionali. La maggior parte degli intervistati, qui a Rehovot, dichiara di non aver cambiato idea, al massimo si sposta all’interno delle alleanze tra partiti. È lo stesso risultato registrato dagli ultimi sondaggi prima del voto di oggi”.
La Stampa invece si sposta in Cisgiordania, “negli insediamenti che vogliono essere parte d’Israele”, dove saldo è il sostegno al Likud. Anche pensando ai possibili sviluppi del piano di pace Usa che prevede la loro piena annessione allo Stato ebraico.
Aprono oggi gli archivi vaticani dedicati al pontificato di Pio XII. “Con l’apertura degli archivi vaticani – scrive Alberto Melloni su Repubblica – cadranno tifoserie e caricature. Le nuove carte richiederanno gli strumenti propri del lavoro storico. Non ci sarà per definizione l’analogo della ‘pistola fumante’ dei gialli: perché la storia non è un giallo. Non ci sarà il pezzo di carta che farà vincere la squadra del ‘papa di Hitler’ o del ‘papa che salvò gli ebrei’: perché questo documento non esiste”. Di particolare interesse, per Melloni, le carte relative agli anni del dopoguerra e a come Pacelli guardò alla nascita e al consolidamento dello Stato di Israele.
“Ci hanno trattato come degli appestati perché italiani. A Gerusalemme siamo andati in ospedale per vedere le vetrate di Chagall ma ci hanno sistemati in una stanza in attesa di valutare se potevamo girare liberamente. Poi per una notte bloccati in aeroporto a Tel Aviv perché la compagnia El-Al non ci ha fatto prendere il volo”. Su Repubblica Torino la testimonianza molto critica di una turista torinese in visita in Israele, a confronto con l’emergenza Coronavirus. Per la donna, le azioni intraprese dallo Stato ebraico a difesa della salute dei propri cittadini starebbero contribuendo alla “pazzia collettiva”.
Nella rubrica Onda su Onda su Repubblica si ricorda quando la Rai, nel 1968, mandò in onda uno speciale in due puntate dedicato al caso Dreyfus. Un fatto a suo modo storico. “Si giocava in quel caso, sviscerato da Hannah Arendt ne Le origini del totalitarismo, la partita della legalità repubblicana contro il populismo autoritario e militarista. Le due puntate Rai – si legge – mostravano di avere letto e assimilato il libro della Arendt, traducendolo in forme congrue ai fatti e didascaliche”.
Il Messaggero pubblica una fotonotizia relativa all’installazione, ieri a Roma, della Panchina della Memoria in ricordo del giornalista e dei tre tipografi ebrei romani rastrellati il 16 ottobre 1943. Il quotidiano segnala in particolare la presenza del presidente del Parlamento europeo David Sassoli e della sindaca Virginia Raggi.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(2 marzo 2020)