Cancellare il ricordo di Amalèq
Agitare le raganelle o produrre altri suoni per coprire il nome di Amàn quando viene letta la Meghillà, può apparire infantile; per alcuni è anche peggio, un atto primitivo. Eppure estirpare il male è necessario, va ricordato ciò che Amalèq ci ha fatto e va cancellato il suo ricordo. En passant, osserviamo che “estirpare il male da in mezzo a te” è un’espressione ricorrente nella Torà. Le nostre fonti insistono sul fatto che il popolo ebraico debba essere pietoso e caritatevole: si pensi ad esempio all’elogio di “coloro che pur essendo stati offesi non offendono”, e all’insegnamento dei Maestri secondo i quali “timidi, misericordiosi e caritatevoli” sono i tratti caratteristici dell’ebreo (che ciò non corrisponda allo stereotipo dell’israeliano moderno è questione a parte). Ma tutto ciò non deve indurre alla passività. Il male va combattuto attivamente, senza compromessi e senza rinunce. I Maestri sintetizzano questo con “chi è misericordioso nei confronti dei crudeli finisce per essere crudele con i misericordiosi”, quando cioè la misericordia non è operata coscientemente ma solo perché non si è capaci o non si vuole agire diversamente, allora diventa pericolosa. Non a caso l’ordine relativo a Amalèq è articolato, tecnicamente è un insieme di tre comandamenti: ricordati di ciò che ti ha fatto, non dimenticartene, cancellane il ricordo. È dunque necessario un impegno attivo perché il ricordo non venga meno, e cancellarne il ricordo implica l’obbligo di farvi guerra. Nel corso dei secoli i decisori si sono interrogati sulla modalità pratica con la quale va eseguito questo comandamento: è identificabile geneticamente Amalèq? La risposta prevalente è che non lo sia, dato che i popoli sono oramai mischiati, anche se c’è chi considera almeno in via teorica questa eventualità. È piuttosto il prototipo di chi si scaglia con odio inspiegabile contro il popolo ebraico? È la risposta che si può far risalire a Rambàm ed è ciò che ritengono con forza rabbini autorevoli soprattutto dalla shoà in poi. Occorre tuttavia la massima attenzione: non ogni nemico di Israele –che pure da nemico va trattato- è Amalèq. Però Amalèq, almeno come concetto, esiste: esiste l’odio estremo e immotivato e contro questo genere di “Amalèq” va condotta una guerra perenne, senza pietismi. Amàn, qualsiasi Amàn che si sia levato contro il nostro popolo, non può essere come a volte si dice “consegnato al sereno giudizio della storia”. La storia, o più ebraicamente diremmo il ricordo, non deve diventare “sereno”, perché sereno in questo senso assomiglia troppo a qualcosa di neutro, di indifferente. Quando senti nominare Amàn devi coprirne il suono, il ricordo, il lascito. Non è infantile né tribale: è necessario. Sempre, anche migliaia di anni dopo!
Rav Michael Ascoli
(3 marzo 2020)