Controvento
Preoccupati, non nel panico

Viviana KasamDi fronte alle nuove misure restrittive decretate dal Governo molti si chiedono se non si sta esagerando, altri – e sono i più – si lasciano prendere da uno stato di paranoia. Sono entrambi atteggiamenti pericolosi.
Il coronavirus non va sottovalutato. Essendo un virus nuovo, che il nostro corpo non riconosce, non abbiamo armi per combatterlo, e quindi l’unica strategia possibile è quella di evitarlo. Le misure restrittive sono ad oggi l’unica strategia disponibile. E se un errore è stato fatto, è semmai quello di aver aspettato troppo, sostiene il prof. Giancarlo Comi, uno dei più illustri neuroscienziati italiani, che ha fondato e dirige l’Istituto di Neurologia Sperimentale presso il San Raffaele di Milano, uno degli ospedali più coinvolti nell’emergenza: “il pericolo almeno inizialmente è stato sottovalutato e le contromisure degli organi di governo sono state prese con qualche ritardo”.
Altrettanto pericoloso è il panico collettivo, purtroppo alimentato dai media che non parlano d’altro. Radio, Tv, web, social: bisognerebbe potersi isolare dallo tsunami informativo . “E’ sano avere paura” sottolinea il Prof. Comi. “La paura fa bene, è una reazione del nostro cervello di fronte al pericolo, ci impone di elaborare strategie per difenderci. Il panico invece disattiva la corteccia frontale, che è il luogo della razionalità, e lascia il campo alle emozioni, che provengono dall’amigdala. Il surplus di emozioni ha affetto paralizzante, fa prendere le decisioni sbagliate perché agiamo irrazionalmente e quindi contro il buon senso”.
Una sana paura, insomma, ci aiuta a sviluppare le strategie migliori, ci consente anche di vivere l’emergenza in modo positivo -può essere un’occasione per ritrovare ritmi più umani, fare tutto ciò che la frenesia delle nostre vite accelerate rende impossibile, leggere, fare ordine, scrivere, dare più tempo ai figli, godersi lunghe chiacchierate -meglio se al telefono.
Il panico invece ci rende vulnerabili, anche a livello di difese immunitarie, come ben insegna la neuropsicoimmunologia, disciplina oggi studiata in tutto il mondo per le ripercussioni che il sistema immunitario ha sulla nostra salute fisica e mentale – c’è chi pensa che anche le malattie neurodegenerative possano avere lì le loro radici. Purtroppo il sistema mediatico e quello digitale tendono a diffondere il panico invece che alimentare una paura sana e responsabile -da questo punto di vista chapeau a Zingaretti, che ha reso noto di aver contratto il virus con un atteggiamento di coraggiosa serenità. I continui bollettini radiotelevisivi sul numero dei contagiati e dei morti, le immagini dei pazienti in rianimazione, i social che ormai ci inondano di notizie, spesso false, e di messaggi allarmistici, vanno a colpire i centri dell’emozione incontrollata che spingono a comportamenti irrazionali e spesso pericolosi: come l’inutile accaparramento di cibo che svuota i supermercati, e di mascherine, che diventano inaccessibili a chi veramente ne ha bisogno. “Le mascherine possono servire solo se si deve entrare in luoghi affollati, dove non si può mantenere la distanza di sicurezza” spiega il dottor Daniele Macchini, in prima linea al Gavazzeni di Bergamo. “Ma per la vita quotidiana sono più che sufficienti quelle normali. Le ffp2 o ffp3 lasciatele a noi medici e personale sanitario, che ne abbiamo bisogno ma facciamo fatica a reperirle”.
Ma quanto andrà avanti l’emergenza? Purtroppo è difficile prevederlo, anche perché mancano dati certi sulla diffusione del contagio. Il numero delle persone risultate positive ai test non tiene conto dei casi non diagnosticati, che, secondo la virologa Ilaria Capua, potrebbero essere fino a 100 volte superiori. Se fosse vero, vorrebbe dire che il virus si propaga molto più rapidamente di quanto crediamo, ma anche che è molto meno letale (la percentuale di decessi scenderebbe dal 3,4% allo 0,034%, pari alla normale influenza). E sarebbero molto più numerose le persone che lo contraggono senza presentare sintomi o con sintomi lievi, e che guariscono spontaneamente.
È proprio la difficoltà a reperire dati certi a rendere difficile ogni previsione sull’evoluzione dell’epidemia. Secondo Antonietta Mira, professore di statistica all’Università della Svizzera italiana di Lugano e all’Università dell’Insubria di Como, che sta elaborando un nuovo modello di diffusione del COVID 19 insieme all’Università di Harvard e ad altri prestigiosi atenei, “in Italia siamo ancora ben lontani dal picco: per almeno un altro mese i casi continueranno a crescere, a meno che le forti misure di contenimento messe in atto da ieri dal Governo non siano efficaci. E ci vorranno non meno di due mesi perché l’emergenza rientri”.
Chiudo con una notizia incoraggiante. In Israele gli scienziati del Migal Research Institute a Kyriat Shimona avrebbero identificato un vaccino contro il coronavirus. Per un caso fortuito e fortunato. Stanno infatti da anni lavorando a un vaccino contro l’IBV, un coronavirus aviario che crea gravi problemi respiratori nel pollame. Con alcune modifiche genetiche, il vaccino è stato adattato al COVID 19 umano, e dai primi test preclinici sembrerebbe efficace. “C’è molta affinità genetica fra l’IBV e il COVID 19, che utilizzano lo stesso meccanismo di infezione” spiega il dottor Ehud Shahar, direttore del gruppo di ricerca immunologica del coronavirus presso il Migal Institute. “Il nostro è un vaccino sintetico costituito da due proteine, che sarà assunto semplicemente, per via orale, andando a proteggere direttamente le mucose respiratorie e intestinali.”
I ricercatori israeliani ritengono di averlo pronto in due mesi e sul mercato in tre, se i test sull’uomo daranno i risultati previsti.

Viviana Kasam