Protezione e formazione

SoraniIn questi giorni di isolamento generalizzato anti-Coronavirus la vita degli italiani appare simile a quella delle monadi leibniziane: sostanze chiuse che contemplano il mondo entro se stesse, prive di possibili collegamenti diretti con la realtà esterna. L’impossibilità di interagire concretamente con gli altri per l’interruzione provvisoria ma prolungata dei momenti di incontro sociale, culturale, sportivo, ludico costringe tutti a ripiegarsi nel proprio privato e a concentrare ancor di più la propria attenzione sui social media, strumenti utili a mantenere i legami e a proiettare su di sé i riflessi di un mondo alterato dall’epidemia.
L’indispensabile tentativo di proteggersi da un virus incontrollato rischia di produrre una lacerazione grave nel tessuto sociale, a dimostrazione di quanto fragili siano i fili che ci collegano e di come facilmente entri in crisi la nostra rete di connessioni supertecnologiche.
Tra i danni inevitabilmente provocati dal contagio e dalle misure di emergenza adottate, uno mi pare ancora più grave di quelli già incalcolabili arrecati all’economia, al turismo, alle manifestazioni artistiche e culturali. Parlo della chiusura delle scuole, della sospensione di quell’insostituibile e invisibile percorso educativo che ogni giorno si svolge in migliaia di aule. Ha ragione Anna Segre quando descrive le ore di lezione come un territorio accidentato cosparso di interruzioni, ma da ottima insegnante sa benissimo che quel percorso a ostacoli è in realtà un terreno di contatti vivi, molteplici e multidirezionali, capace col tempo di produrre negli studenti acquisizioni culturali, formazione metodologica e crescita interiore. E accanto all’itinerario didattico vero e proprio, è l’intero mondo scolastico – col suo clima di forte aggregazione sociale e umana, con l’insieme delle sue regole fondate sul rispetto reciproco e sulla collaborazione – a fornire una ineludibile impronta educativa.
È per questo che concordo appieno con lei nel difendere la tanto vituperata lezione frontale (cioè il confronto diretto e auspicabilmente dialogico tra insegnanti e studenti) rispetto al gelido contatto della lezione online, che peraltro nell’emergenza attuale si rende necessaria per assicurare una minima comunicazione tra docenti e discenti.
La forzata chiusura delle scuole rappresenta un danno quotidiano al processo educativo e all’istruzione delle giovani generazioni. Speriamo che ci siano presto le condizioni per riaprirle, perché il diritto alla formazione non è meno centrale del diritto alla protezione della salute.

David Sorani

(10 marzo 2020)