Periscopio – Grazie web

lucreziCome spesso capita, il terribile flagello che sta colpendo l’Italia e il mondo si sta rivelando anche un formidabile maestro. Credo che tutti noi, nelle ultime due settimane, abbiamo frequentato (e lo stiamo ancora facendo) un corso accelerato di infettivologia, e concetti che, fino a poco fa, ci erano completamente estranei (come “picco di epidemia” o “immunità di gregge”), sono diventati componente essenziale del nostro linguaggio quotidiano. Siamo diventati tutti esperti di profilassi, di sistema sanitario, di contagio. Abbiamo capito, e stiamo capendo, in modo drammatico, spesso atroce, che differenza c’è tra essere giovani e vecchi, forti e deboli. Come un aguzzino sadico e crudele, il piccolo esserino invisibile che, da circa un mese, è diventato padrone assoluto delle nostre esistenze, dei nostri giorni e delle nostre notti, si diverte a recidere il filo della vita di persone già avviate sul viale del tramonto. “Omnis offensio odiosa est in corpore fragili”, disse il grande Cicerone, che seppe sintetizzare, con la mirabile capacità espressiva del suo splendido latino, un’amara, eterna verità. I “corpi fragili” sono i primi a cadere, l’esserino non ha pietà.
Il corso accelerato, questa imprevista lezione di vita ci ha fatto anche capire cosa sia, a cosa serva uno stato, una comunità. E devo dire che, al di là delle inevitabili eccezioni, si percepisce un’inedita tendenza al rispetto delle regole (per le quali gli italiani non è che abbiano, in genere, una grande passione), di consapevolezza dei benefici derivanti da un sistema di protezione collettiva, di gratitudine verso tutti quegli operatori (medici, personale sanitario, forze di sicurezza, raccoglitori di rifiuti, distributori e venditori di generi alimentari) che si stanno prodigando, spesso con grandissima abnegazione, e mettendo anche a repentaglio la propria sicurezza, per la collettività.
Abbiamo cambiato molte nostre abitudini, e certamente molti di questi mutamenti resteranno anche quando la tempesta sarà passata. Continueremo anche dopo, sicuramente, a fare molta più attenzione all’igiene personale e ambientale, e ciò è senz’altro un elemento positivo. Ed è prevedibile che l’usanza dei baci e degli abbracci, come semplice gesto di saluto, anche nei confronti di lontani conoscenti, passerà per sempre. Chi si assumerà la responsabilità, per la prima volta, di abbracciare un amico? Chi potrà assicurare che l’esserino sarà veramente scomparso, o che, magari, tra le quelle braccia che si aprono, tra quelle labbra sorridenti, non se ne annidi un altro, forse ancora più micidiale? No, niente effusioni “erga omnes”, i dolci baci, le languide carezze meglio riservarle ai soli partner amorosi. Spero di potere riprendere, almeno, a fare il solletico ai nipotini.
Tra i vari strumenti da ringraziare, un posto di primo piano deve essere riservato, necessariamente, ai mezzi di comunicazione informatici. E credo che tutti coloro – tra i quali metto, in parte, anche me stesso – che hanno insistito nel denunciare le storture e le devianze dei cd. “social”, debbano fare una sana autocritica. È solo grazie agli strumenti telematici che molte forme di lavoro stanno proseguendo, in forme alternative. Nel mio ambiente accademico, per esempio, tutte le Università – così come tutte le scuole – stanno compiendo grandi sforzi per accelerare il perfezionamento delle procedure – che spesso erano state soltanto avviate, a volte solo in via sperimentale – delle lezioni e delle prove valutative online. Devo ringraziare moltissimo la tecnologia se la mia prigionia domestica è piena di continui colloqui con colleghi, studenti e personale amministrativo (non ho mai lavorato tanto quanto in questi giorni), nel corso dei quali sono quanto mai ricorrenti, ovviamente, i riferimenti al nostro perfido e invisibile carceriere. Come diceva Manzoni della peste, ci si poteva ridere su, ma non la si poteva ignorare.
Ma credo che la rivincita principale del web sia nei confronti di tutti quelli che dicevano che i rapporti “veri” sono solo quelli fisici, diretti, in cui ci si può guardare in faccia. Oggi, per strada, non ci si incontra più, e le poche volte che si esce per fare approvvigionamento lo si fa mascherati come banditi: i volti, gli sguardi, i sorrisi, si vedono solo sugli schermi dei p.c. e degli smartphone. Grazie, web, e scusa se a volte ti ho guardato con sufficienza, o fastidio. Spero che presto non sarai più tanto indispensabile, ma, anche quando ciò avverrà, non dimenticherò il grande aiuto che hai dato a tutti noi in questa lunga sospensione della “vita vera”. Che, quando riprenderà, ci troverà tutti profondamente trasformati, speriamo in meglio.

Francesco Lucrezi, storico