Nicolaj Ariel Komisarievsky
(1945-2020)

Era impossibile andare in vicolo Salomone Olper senza imbattersi in Nicolaj Ariel Komisarievsky, un nome che sembra quello di un comprimario di Guerra e Pace di Tolstoj e tradiva le origini russe di un uomo mite, messosi completamente al servizio della Comunità ebraica di Casale Monferrato. Di fatto collaborava alla gestione della sinagoga e dei musei, conduceva visite guidate per i turisti ed era custode del cimitero ebraico, con la sua casa piena di gatti che si affacciava proprio sulle lapidi con la stella di David. Tutte attività che in un romanzo di Isaac Singer lo avrebbero fatto etichettare marginalmente come lo “scaccino” della sinagoga, ma poi lo sentivi parlare con una voce impostata e un leggero accento del centro Italia e intuivi una realtà molto diversa. Nicolaj era un ingegnere elettronico dai mille interessi e dalla storia straordinaria. Era nato a Roma nel 1945 da una famiglia molto impegnata in ambito artistico, qui il padre Theodore Komisarievsky aveva conosciuto la madre, la pittrice Bianca Torelli. Nicolaj aveva conseguito la maturità tecnica ed era diventato tecnico elettronico nell’Aviazione Militare. Era emigrato in Sud Africa, dove aveva messo a frutto le sue conoscenze scientifiche, tanto che, dopo la laurea nel 1970 in Ingegneria, se era dedicato alla realizzazione di apparecchiature per l’estrazione e la separazione dei diamanti. Tornato in Italia si era stabilito nel Vercellese e poi a Casale dove aveva cominciato a collaborare con la Comunità ebraica nel 1999. Pochi sanno che, per uso esclusivamente personale, produceva un ottimo vino Kosher, essenzialmente Barbera e Chardonnay, secondo le più strette regole ebraiche, molti di più invece lo conoscevano come un bravo fotografo: diverse immagini di manifestazioni ebraiche pubblicate su questo giornale erano sue.
“Era un persona di animo gentile – lo ricorda il figlio Francesco – un cervello eccezionale, per scherzo gli dicevo che aveva mangiato la Treccani: qualsiasi conversazione facessimo lui era in grado di approfondirne gli aspetti scientifici con precisione e competenza”. La figlia Tanja conferma e ricorda il suo carattere solare: “Aveva sempre la battuta pronta, anche nei momenti più difficili riusciva sempre a dire qualcosa per sdrammatizzare, non ricordo di averlo mai visto triste”
Negli ultimi anni si era ammalato del morbo di Parkinson, qualcuno potrebbe dire che è morto “con” il Covid-19 (non è ancora ufficiale, ma probabile), tuttavia l’impressione è che Nicolaj avrebbe potuto vivere ancora a lungo se non fosse arrivato il virus. Era lucidissimo e solo lunedì aveva chiamato il Presidente della Comunità ebraica Giorgio Ottolenghi. “Ci eravamo ripromessi di incontrarci non appena l’emergenza sanitaria fosse passata – ci dice aggiungendo un ricordo dell’amico – Nicolaj era venuto a Casale 20 anni fa, cercava una comunità dove celebrare le feste ebraiche e ha trovato noi. Da subito si è rivelato una persona simpatica con cui era piacevole fare conversazione, una caratteristica che era molto apprezzata quando faceva la guida turistica, c’erano gruppi che chiedevano espressamente di lui. Ma era anche un ‘ingegnere pratico’ in grado di aggiustare tutto. Negli ultimi tempi la necessità di utilizzare il computer lo aveva reso ancora più prezioso e ormai ci consideravamo ‘amici elettronici’”.
Anche per Nicolaj Komisarievsky non è stato possibile celebrare funerali in ottemperanza al decreto sull’emergenza sanitaria, ma l’impegno di tutti è di ritrovarsi a recitare il Kaddish per lui appena il mondo tornerà a essere quello di sempre.

(Nella foto Nicolaj con uno dei suoi gatti al Cimitero ebraico di Casale)

Alberto Angelino

(19 marzo 2020)