Periscopio – La libertà, un desiderio indistruttibile
È assolutamente certo che lo sconvolgimento che sta sconquassando l’intero mondo farà sentire i suoi effetti per molti anni, probabilmente decenni, o addirittura secoli, futuri. Si dovrà radicalmente cambiare la scala delle priorità, si guarderà con occhi diversi ai diritti e ai doveri derivanti dal far parte di una certa comunità, si penserà meno frettolosamente a coda significhi essere soli, o avere qualcuno che ti possa aiutare. Si capirà un po’ di più – almeno, c’è da augurarselo – il senso di parole quali comunità, solidarietà, sacrificio.
Ma, altrettanto certamente, la tempesta darà un formidabile impulso alla letteratura, all’arte, alla fantasia. È un caso davvero inedito, nella storia dell’umanità, che un medesimo evento coinvolga tutti, proprio tutti, e che tutti siano dalla stessa parte della barricata. Perfino nei due conflitti mondiali del Novecento (senza, ovviamente, voler fare paragoni di tipo quantitativo) c’erano delle zone franche, dei territori neutrali, dove si sapeva che la tragedia non sarebbe arrivata. Ma oggi non c’ un solo atollo, sperduto nell’oceano, nel quale gli abitanti non sia stiano chiedendo se, e quando, il virus raggiungerli.
Chiusi nelle nostre case, in apprensione per i nostri casi, avvolti da un’ansia mai provata prima, stiamo tutti resettando il nostro hardware, ricostruendo il nostro livello di percezione, di partecipazione, di emozione. Ci capita di provare sensazioni inedite, di ridere quando ci sarebbe da piangere, e il contrario. E di non provare vergogna per le nostre lacrime. Abbiamo imparato perfettamente, ormai, che “gli anziani, con patologie pregresse”, sono i più esposti. Ma, se ciò vale sul piano organico e biologico, cosa dire a livello emotivo? C’è una sola persona al mondo che possa dire di essere, sul piano emozionale, forte e sicuro? Se c’è, non la invidio.
Da individuo emotivamente, dichiaratamente fragile, devo confessare di essermi commosso nel vedere e nell’ascoltare lo straordinario video del coro virtuale registrato dall’International Opera Choir di Roma, che ci ha mostrato i bravissimi cantanti e musicisti, dall’intimità delle loro case, unirsi nell’esecuzione del coro del Nabucco. Da tante stanze chiuse, tanti appartamenti sigillati, si è levato un canto capace di superare ogni muro, di abbattere ogni distanza. Siamo abituati a vedere gli interpreti esibirsi tutti insieme, vestiti di nero, nelle aule spaziose e solenni dei teatri, per poi raccogliere i meritati applausi da parte nostra (anche noi, in genere, elegantemente vestiti, con cravatte e abiti scuri). Stavolta, invece, gli artisti erano nei loro studi, nei loro salotti, vestiti normalmente, e noi eravamo in pigiama, vestaglia, pantofole. E, lontani gli uni dagli altri, e anche in momenti doversi, ci siamo trovati uniti, intorno a qualcosa che sentivamo tutti, senza retorica, come un qualcosa di comune, di condiviso. Meraviglie della tecnologia, certo. Ma, soprattutto, meraviglia dell’arte, della musica, della poesia. Mai come in questo caso, infatti, le parole del coro hanno rivelato la loro incredibile forza, la loro straordinaria universalità ed eternità. La “ali dorate” del pensiero hanno davvero sorvolato l’Italia, entrando in migliaia di case, toccando milioni di cuori. E, al di là della meravigliosa musica di Verdi, gran parte di questo miracolo è stato dovuto alle mirabili parole del librettista dell’opera, Temistocle Solera: versi, ricordiamo, del più famoso canto sionista, direttamente ispirato al Salmo di Davide: “Se ti dimentico, Gerusalemme”.
Non voglio certamente strumentalizzare l’evento, che è e deve essere di tutti, anche di coloro che non si interessano del ritorno del popolo ebraico alla “patria sì bella e perduta”. Ma le parole del coro sono quelle, e voglio credere che tutti coloro che si sono emozionati per quel video ne conoscano, e ne comprendano, il significato. Ma credo che anche per coloro che credono di conoscerlo bene sia opportuno fermarsi a riflettere, una volta in più, su quale esso sia. Perché l’ideale del sionismo, secondo me, è sempre lo stesso, ma, come tutti i veri, grandi ideali, cambia e arricchisce sempre i suoi contenuti. E oggi sembra dirci soprattutto che la forza della speranza, della fede, del desiderio di libertà è indistruttibile, incomprimibile. I corpi possono essere colpiti, rinchiusi, imprigionati, ma niente potrà mai scalfire il desiderio di Ulisse di tornare a Itaca, di Enea di raggiungere il suo approdo, di Dante di ricongiungersi con Beatrice, e di chiunque la ami, ebreo o no, di “salire” a Gerusalemme.
Francesco Lucrezi