Il futuro incerto
In pochi mesi siamo passati da un diffuso scetticismo e da una certa antipatia nei confronti della comunità scientifica a pendere dalla labbra di qualunque persona ne possa capire un po’ meglio di noi sull’epidemia in corso. Soprattutto per intuire quando questo “stato d’emergenza” avrà termine. Virologi, infettivologi, epidemiologi, microbiologi fanno parte ormai del nostro quotidiano. Eppure, si dà il caso che esistessero anche prima. Già a settembre dello scorso anno l’OMS aveva paventato il rischio di una prossima pandemia “alla quale il mondo non sarebbe stato preparato”. Ma al tempo a chi importava? “Jusqu’ici tout va bien”, è un po’ il way of life della società contemporanea. “Non chiamate questa epidemia un cigno nero”, affermò qualche settimana fa l’inventore del termine Nassim Nicholas Taleb, proprio perché questa non era considerata imprevedibile. Come del resto rimangono inascoltati al pari di “Cassandre” gli scienziati che ci avvertono continuamente dei rischi legati ai cambiamenti climatici e alla distruzione dell’ambiente – fenomeni, si legge sempre più spesso, probabilmente legati in parte anche alla pandemia in corso. Dopo una qualche catastrofe, si continua per lo più nella non prevenzione dei rischi. Più che con uno “stato d’emergenza” provvisorio, dovremmo prendere in considerazione uno “stato d’emergenza” costante. Forse avrebbe meno costi in tutti i sensi. Sulla sua durata e fine appunto, e sulle eventuali conseguenze, abbondano in questi giorni pareri di ogni tipo. C’è chi parla di aprile, chi di settembre, c’è chi invece è più pessimista e parla di anni. Mai come adesso il futuro è diventato così incerto. Perché per quanto sia necessario muoversi sulle previsioni degli scienziati i quali mostrano la direzione del nostro presente, il domani non è mai dato realmente per sicuro ed inevitabile, tutto dipende dal nostro modo di agire, sempre modificabile, e da qualcosa che al contrario di questo virus può essere davvero un cigno nero. Si legge nel Talmud (Berakhot 10a): “Anche se una spada affilata poggia sul tuo collo non dovresti desistere dalla preghiera”.
Francesco Moises Bassano
(27 marzo 2020)