Il seder e il pikuach nefesh
In mezzo a tante cose su cui gli ebrei – e anche i rabbini stessi – hanno opinioni divergenti, almeno una mette tutti d’accordo: il principio del Pikuach Nefesh, cioè l’idea che la salvaguardia anche di una sola vita umana debba avere la precedenza su tutto, e quindi talvolta anche sull’osservanza di un precetto. Essendo un principio rigoroso, spesso è interpretato in modo rigoroso: può capitare, per esempio, che una persona che non gode di buona salute insista nel voler digiunare a Kippur e che un rabbino glielo proibisca; e quasi sempre si tratta di casi in cui la probabilità che il digiuno possa comportare veramente danni irreparabili all’organismo è remotissima, certamente meno concreta del pericolo che tutti noi corriamo in questi giorni anche solo andando a fare la spesa.
Per questo mi ha un po’ stupito che le discussioni tra rabbini sull’opportunità o meno di utilizzare durante il seder dispositivi che permettano una sorta di videoconferenza non abbiano preso in considerazione (almeno, stando a quanto è stato riportato su queste colonne) il rischio che qualcuno piuttosto che ritrovarsi a fare il seder da solo decida di violare i divieti e uscire di casa per recarsi di nascosto da amici e parenti mettendosi magari in situazioni di oggettivo pericolo. Suppongo che il tema non sia stato toccato perché si dà per scontato che tutti seguiranno scrupolosamente i divieti e resteranno a casa; però quando si parla di grandi numeri (gli ebrei che celebrano il seder in Italia sono migliaia, nel mondo milioni) temo che non si possa dare tutto per scontato per tutti.
Nei giorni precedenti a Purim gli annunci relativi alle letture della Meghillà in streaming erano accompagnati dalla continua precisazione che tali letture non permettevano di uscire d’obbligo, precisazione che qualcuno ha interpretato come un invito a uscire di casa per ricercare una lettura pubblica. Certo, tre settimane fa in molte regioni i bar e i negozi erano ancora tutti aperti e la maggior parte di noi non si rendeva conto della gravità della situazione: guardando a quei giorni con gli occhi di oggi dobbiamo riconoscere di esserci comportati tutti da incoscienti. Ora, però, abbiamo capito come stanno le cose e quindi anche l’esigenza di evitare equivoci. Se ripetere ossessivamente l’invito a non fare nulla che possa mettere in pericolo noi e i nostri cari salverà anche una sola vita umana sarà già valso mille volte la pena.
Anna Segre
(27 marzo 2020)