Padroni del nostro tempo

calimani darioAvevo sempre pensato di star impiegando il mio tempo a mio piacimento, di poterne fare ciò che volevo. Potevo lavorare, divertirmi, oziare, secondo l’ispirazione dell’attimo. E potevo scegliere che cosa e come. Credevo di essere io il padrone del mio tempo, almeno fino a che mi sarebbe stato dato tempo. Questo mi dava la sensazione che potevo anche, se volevo, rallentare i miei ritmi, che tanto avrei avuto tempo.
Mi sono accorto ora (e non mi sento affatto solo) che il tempo fa di noi quello che vuole. Se lo desidera, si nasconde, sparisce, si assenta, o rallenta a dismisura, fino quasi a fermarsi. Ti rendi così conto che la parola fretta non ha più senso. Nessuno più ha fretta, nessuno ha più dove correre, che cosa irrinunciabilmente fare, chi cogentemente vedere. Il tuo solo pensiero è rivolto alla sopravvivenza, al cercare di rimanere nel tempo, qualsiasi cosa esso voglia fare di te. Riuscire a rimanere. Quasi quasi, ti senti tentato di chiedergli scusa, di dichiararti ai suoi comandi, ubbidiente, rassegnato, mansueto. Disposto a tutto pur di rimanere. Rivedi progetti, ridimensioni ambizioni e obiettivi, rinunci a mete prima ritenute inderogabili.
Sempre più ti rendi conto che il presente prende maggior significato dal passato, ma, soprattutto, che è una funzione del futuro, perché non ha alcun senso per te il presente se non ti si prospetta davanti un futuro possibile.
Questo tempo presente, ora, ti appare come un vicolo cieco. La strada potrebbe finire qui. Ogni speranza può forse rivelarsi un’illusione. Ogni sogno, un’insulsa chimera.
Ti guardi allo specchio e ti dici che dovrai rivedere i tuoi criteri di giudizio. Riconsiderare amici, rivedere propositi e traguardi, ripensare modi di esistere. E ristabilire valori. Nulla sarà più come prima. Almeno fino al momento in cui tutto, auspicabilmente, sarà passato e dimenticato. Allora potrai riprendere a riprogettare la tua vita, esattamente come prima. Come se nulla fosse mai successo. Fino alla fine del tempo.

Dario Calimani, Università di Venezia