Dayénu – Ci sarebbe bastato
La prosa della Haggadà, il testo che gli ebrei leggono la prima e la seconda sera di Pesach, è una matrice di linguaggi che vengono abitualmente usati in altri contesti. Quando si parla di lotta, di libertà contro la schiavitù, di liberazione dal pericolo, spesso alcune frasi ed espressioni tornano alla mente di ebrei secolarizzati e diventano messaggi forti per la contemporaneità. “Oggi in Spagna, domani in Italia” proclamava Carlo Rosselli durante la guerra civile a Radio Barcellona nel 1936, rivisitando espressioni che per anni aveva utilizzato celebrando il Seder in famiglia, benevolmente accompagnato dallo sguardo di sua madre, la scrittrice Amalia Pincherle. Già nel 1917 Claudio Treves aveva lanciato lo slogan: “Il prossimo inverno non più in trincea!”. Parole che ricordano la chiusa del testo tradizionale che ribadisce l’aspirazione messianica: “L’anno prossimo a Gerusalemme (ricostruita)”. Fra questi riflessi lessicali, ce n’è uno – anonimo – che possiamo leggere in trasparenza nell’articolo “Terrore ‘sociale’” apparso nell’edizione clandestina dell’“Avanti!” (quotidiano socialista) il 13 dicembre 1943. In esso si denuncia la cattura e la deportazione degli ebrei utilizzando come schema la prosa della bella invocazione ritmica intitolata Dayénu: “Se ci avesse fatto uscire dall’Egitto e non avesse fatto di loro giustizia, ci sarebbe bastato. Se avesse fatto di loro giustizia e non ne avesse fatta dei loro déi ci sarebbe bastato…”. E così via, ringraziando il Signore. Ed ecco l’articolo del foglio della Resistenza partigiana che ripete con ritmo crescente “ma non basta”, un richiamo diretto e rovesciato al Dayénu tradizionale, utilizzato per descrivere il percorso delle persecuzioni antiebraiche: “Non c’è italiano che non abbia accolto con raccapriccio il primo concreto provvedimento del sedicente governo della sedicente repubblica sociale italiana: l’ordine di arresto e di spoliazione degli ebrei. […] In vent’anni il regime aveva perseguitato gli italiani individualmente, nominalmente; ed essi nel fascio di miseria e di dolori si sentivano uniti; oggi si fa di più; si dividono gli italiani di dentro, si perseguitano si sopprimono statisticamente […] Legge bestiale e vile. Si comincia a dividere arbitrariamente l’umanità e la stessa comunità nazionale in razze (arbitrio scientifico e politico); ma non basta. Delittuosamente si predica e si attua la persecuzione di razza entro la stessa nazione; e non basta ancora; è il fascismo che decide, che crea le condizioni di appartenenza ad una o ad altra razza; che decide in contrasto anche con quanto già deciso chi debba intendersi ariano e salvarsi; e chi ebreo sparire. Ma non basta. La sua legge, contro ogni legge, agisce retroattivamente; così che persone già definite ariane e salve, oggi diventano – per decreto fascista – ebree e condannate”.
Un testo interessante, che si può leggere in una interessante pubblicazione di Matteo Stefanori. Che è una delle tante fonti che oggi, in tempi di navigazioni virtuali, la Fondazione CDEC mette a disposizione.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC
(3 aprile 2020)