Lavori, ritmi, comunicazione
Comunicare non è sempre facile, e non solo perché siamo costretti a farlo virtualmente (ormai ci siamo quasi abituati) ma perché mai come in questo momento i nostri ritmi divergono in modo così macroscopico. Tra pochi giorni durante il seder di Pesach leggeremo dei quattro tipi di figli e di come occorra una risposta adeguata per ciascuno di loro. Anche in questo periodo che precede la festa dobbiamo trovare il modo giusto di comunicare con ciascuna categoria di persone.
Ci sono coloro che lavorano il triplo del solito e per di più in condizioni di stress e pericolo (medici, infermieri, ecc.). Con loro c’è poco da dire e molto da ascoltare. Poi ci sono quelli che lavorano il triplo del solito per garantirci che anche quest’anno non ci mancheranno le matzot e tutto il resto. Anche qui c’è poco da dire e molto da essere grati.
Poi ci sono quelli come la sottoscritta, che lavorano il triplo del solito ma da casa, con curiose commistioni a cui non siamo abituati (non so più quante volte nell’ultima settimana ho dovuto ripetere “scusa, sto interrogando, ti richiamo”) e strane abitudini che si acquisiscono poco per volta: fare colazione tra la prima e la seconda ora di lezione, rispondere su WhatsApp agli allievi che hanno dubbi sul tema che stanno svolgendo mentre si è in coda per entrare al supermercato, fare le pulizie di Pesach durante le riunioni tra insegnanti (possibilmente non dimenticandosi di spegnere la telecamera), mangiare quello che capita quando capita tra la preparazione di una verifica e la rimodulazione del programma. La comunicazione funziona bene con chi ha i nostri stessi ritmi e interessi: ci si accorda con una collega per prendere un caffè insieme durante l’intervallo (ovviamente ciascuna a casa propria), ci si scambiano messaggi per commentare l’ultima circolare del preside o della ministra della pubblica istruzione, si condivide materiale didattico, si cerca di capire come fanno nelle altre scuole, che programmi usano per le videoconferenze, se danno voti veri e propri, ecc.
Infine ci sono quelli che lavorano meno del solito o sono del tutto disoccupati, che ovviamente chiusi in casa si annoiano a morte e mandano ininterrottamente articoli, video, foto, link, consigli per passare il tempo, ecc. intasando la memoria del telefono. Non lo fanno con cattiveria, proprio non ci pensano. A causa dei ritmi così diversi a volte sembra di non parlare la stessa lingua. Con loro è consigliabile comunicare solo di sera o nel weekend.
La tavola del seder ci unirà tutti, dai più ai meno in trincea, dai più occupati ai più disoccupati. Ci unirà virtualmente, s’intende, ma in parte è sempre stato così, dato che tutti insieme ci identifichiamo con i nostri padri che uscirono dall’Egitto.
Auguro a tutti un Pesach kasher ve-sameach.
Anna Segre
(3 aprile 2020)