Massimo De Nardo (1951-2020)

“Passerà. Di sicuro. E torneremo normali. Dicono che questo maledetto coronavirus modificherà poi le nostre vite, rendendoci, suo malgrado, più consapevoli, più solidali, meno superficiali, più attenti. Non ci credo. Passerà, ma ho paura che dopo questa paura riprenderemo ad essere ciò che eravamo (e siamo): un po’ menefreghisti, un po’ razzisti, un po’ fessacchiotti, tifoserie contro tifoserie, un po’ “prima gli italiani”, un po’ terroni e polentoni. Un po’, perché non tutti sono così. Certo. Ma non consola, anche se è un po’.
Fuori è ormai primavera, però le giornate sono orribili, di una stagione sconosciuta. ‘State a casa’, lo dice anche l’altoparlante di un’auto del Comune che gira più volte al giorno per il paese, come fosse l’annuncio di un coprifuoco che non ha fine. Capita che l’idiozia renda sordi e molti se ne vanno al parco o in giro per le piazze e i vicoli. State a casa, voi che una casa ce l’avete, che non vivete nei container da terremoto, che non stendete cartoni nella stazione centrale. State a casa. Caro ottimismo, dai, vieni a casa mia, sto sempre qui e ti aspetto. Anche quando passerà”.
È con queste parole, scritte il 19 marzo, che ci lascia Massimo De Nardo. Aveva 68 anni. Un ictus si è portato via nelle scorse ore un grande sognatore, un visionario con cui era una gioia e un dono anche solo scambiare poche parole, nel caos del Salone del Libro, o a Bologna, alla Fiera internazionale del libro per ragazzi, dove la sua casa editrice, Rrose Selavy, era fra le più ricercate e ammirate. Piccola, orgogliosamente indipendente, presentava a ogni salone una raccolta di volumi curati allo spasimo, ognuno amato e seguito passo passo, con passione e attenzione per ogni dettaglio. Fondata nel 2012 ha ricevuto il premio Andersen nel 2014 e nel 2015 il premio Edito-Re. Massimo era un signore, una persona vulcanica e di rara generosità, che con il suo entusiasmo contagioso ha fatto sbocciare nuove idee e crescere grandi progetti. Grande educatore, divertente, apparentemente burbero, conquistava i ragazzi giocando con il linguaggio, con le parole e con la sua capacità di raccontare.
Su DafDaf, il giornale ebraico dei bambini, avevamo presentato uno dei suoi Quaderni quadroni, i libri di grande formato che grande successo hanno avuto grazie anche alla sua scelta attenta di illustratori e autori di grande valore. E non poteva mancare Maffin, il suo romanzo avventuroso e bellissimo dedicato alla storia di un quattordicenne magro e stralunato. Ne aveva da poco pubblicato una continuazione, Maffin e la bussola che non indica il nord. Se nel primo il tempo si era scombussolato, in questo è il territorio a non avere più le sue dimensioni naturali, si è come dilatato, allargato… Un’avventura, quasi una premonizione.

Ada Treves twitter @ada3ves

(13 aprile 2020)