Il dossier Medicina di Pagine Ebraiche
“Chiusi in casa, cerchiamo punti fermi”

“In un periodo tragico per tutto il mondo, mi domando giorno e notte come possiamo vivere questo momento in modo costruttivo”. Dopo aver passato la vita negli ospedali israeliani, da Gerusalemme a Beer Sheva, dalle sale della terapia intensiva per bambini prematuri ai centri di medicina dello sviluppo, la neuropediatra Marina Finzi Norsi cerca di inviare un messaggio costruttivo alle migliaia di famiglia obbligate all’autoisolamento, costrette a rimanere in casa. Anni di esperienza e lavoro, una collaborazione ancora in corso con l’istituto Villa Santa Maria SCS di Tavernerio – che l’ha chiamata appositamente da Israele alcuni anni fa – Finzi Norsi ricostruisce con Pagine Ebraiche alcuni passaggi della sua carriera, ci ricorda le difficoltà specifiche dei bambini autistici, ancor più marcate oggi che le scuole sono chiuse, e propone qualche idea pratica per mantenere l’equilibrio in questo tempo destabilizzante. Milanese di nascita, si è trasferita a Gerusalemme durante gli studi di medicina, scegliendo poi di concluderli in Israele. “All’ospedale Soroka di Beer Sheva ho fatto un primo stage e poi la specializzazione in pediatria. Ho proseguito lavorando in terapia intensiva dei prematuri con mia grande soddisfazione: riuscivamo a salvare prematuri molto piccoli, 500-600 grammi. Però a un certo punto mi sono interrogata su cosa accadesse a questi prematuri e sono passato a un campo affine, un campo che in Israele si chiama pediatria dello sviluppo. Si occupa di tutti i bambini che per motivi vari hanno problemi nel loro sviluppo psicomotorio. In Italia purtroppo non c’è ma è molto importante perché unisce pediatria, neurologia infantile e psichiatria infantile”. Su questa logica in Israele esistono centri di diagnosi e terapia per bambini con problemi nello sviluppo. “È un grandissimo vantaggio perché il genitore non deve portare il bambino da diversi esperti ma trova tutto sotto lo stesso tetto”. In Israele inoltre, spiega la dottoressa, ci sono nidi speciali per bambini cerebrolesi, autistici, con problemi in ambito auditivo. “Sono molto importanti perché permettono una terapia precoce che dà risultati molto validi per il futuro dei bambini”. Ovvero maggiori garanzie di inserimento ad esempio in scuole normali, dove comunque lo stesso “inserimento avviene in modo strutturato, lento e accompagnato da persone molto competenti”.
Nell’ultimo periodo, Finzi Norsi spiega di essersi occupata soprattutto di autismo. “Quando parliamo di autismo, parliamo di un problema di comunicazione nel senso più ampio: non solo parlare con la voce o con i gesti, ma anche con lo sguardo, e infatti i bambini autistici hanno problemi a fissare negli occhi le persone. Hanno problemi con il cibo. Con l’ambiente, ad esempio una percentuale molto alta di bambini autistici non appoggia la pianta del piede perché non riesce a ‘comunicare’ con il pavimento”. “Capite bene quanto questa situazione sia complicata per chi ha figli autistici – spiega la neuropediatra – ma mi permetto di dare qualche consiglio valido per tutti per mantenere l’equilibrio in questa quotidianità stravolta”.
“La problematica principale di noi tutti è come mantenere la nostra routine giornaliera in condizioni diverse dal solito. Molte persone non vanno al lavoro, i bambini non vanno a scuola, non si può uscire di casa. Il mio primo consiglio è organizzare la giornata in modo diverso mantenendo alcuni punti fissi sia per adulti che per bambini. Io stessa quando mi sveglio ogni mattina mi sforzo di pensare alcuni punti fissi che assolutamente devo ricordarmi di attuare. Per esempio: in particolare per i bambini, la sveglia fissa alla mattina, un orario determinato in cui andare a dormire, vestirsi e assolutamente non rimanere in pigiama tutto il giorno. E per gli ebrei o per chi andava in chiesa, aggiungerei anche vestirsi bene di shabbat e durante le feste, è molto importante”. Riguardo le attività con i bambini, la dottoressa spiega: “Per quanto riguarda i bambini speciali così come per gli altri, è fondamentale mantenere il collegamento con l’ambiente scolastico. Ma ricordiamoci: abbassiamo le nostre aspettative, non possiamo pensare che tutto sia perfetto e regolare come prima”. Tutti noi, spiega, abbiamo bisogno di rinforzi che riceviamo dall’ambiente, e la scuola è importante su questo fronte: “I rinforzi che i bambini ricevono, la buona parola del maestro, il bel voto, l’attività piacevole, sono molto importanti. I genitori cerchino di pensare qual è il rinforzo che è più valido per i propri figli”. E poi è molto utile responsabilizzare i bambini: “Nell’ambito delle famiglie, responsabilizzare ogni bambino a turno in modo che organizzi un’attività giornaliera, che può essere un gioco con i suoi fratelli, apparecchiare la tavola, o altro. Ogni bambino scelga, e sappia che lui è responsabile in quel giorno per quella data attività”.
Altro consiglio, il diario dei pensieri: “Per chi sa scrivere, basta un piccolo quadernetto, non serve scrivere un diario, ma a fine di ogni giornata pensare a che azioni positive abbiamo fatto oggi. Basta una cosa sola, anche piccola. Inoltre ogni famiglia, ogni sera, può ritrovarsi e fare come una riunione in un grande ufficio, in modo da renderlo attrattivo per i bambini, in cui ognuno se può o vuole, senza forzare la privacy dei bambini, racconta cosa ha fatto di positivo quella giornata”.
Per i bambini autistici, “ricordiamoci che sono molto sensibili ai cambiamenti dell’ambiente, che può comportare dei problemi comportamentali molto gravi e anche una regressione. Vorrei che i genitori pensassero ad alcune cose molto particolari a cui il bambino è abituato a scuola, anche solo la sedia su cui è solito studiare o lavorare, e cercassero di imitare al massimo in casa la strutturazione dell’ambiente dove il bambino era abituato a lavorare”. In più, “mantenere il contatto visivo tramite video, o qualunque altro modo con l’equipe che lavorava con il bambino nell’ambiente scolastico, con i compagni di scuola, con le maestre”. In casa, “cercare di creare un percorso motorio, una specie di percorso per far camminare il bambino in un certo modo. Cercare di dare un programma, una certa struttura”. Consiglio valido per tutti infine. “Pensare a un progetto a lunga scadenza per i bambini. I figli dei miei amici per esempio faranno un piccolo orto ma hanno un giardino. Va bene anche un’attività sportiva, al computer, imparare una lingua diversa. Questo periodo è molto difficile ma dobbiamo cercare di dare contenuti validi in modo che il bambino poi possa dire ‘quando c’è stato il coronavirus io ho imparato la tal cosa’, trasformare una cosa negativa in positiva”.

Pagine Ebraiche aprile 2020, dossier Medicina

(14 aprile 2020)