I conti che non tornano
È davvero curioso l’afflato filosemita della destra postfascista che, da un lato, dichiara l’amore incondizionato per gli ebrei e per Israele e, dall’altro, ama rimembrare un suo nero passato che agli ebrei fa venire i brividi. Una destra che, se non bastasse, nega e disprezza tutto ciò che per gli ebrei riecheggia lo spirito della liberazione e della libertà. Dunque, titolazioni di strade e piazze a Graziani e ad Almirante, difese a spada tratta del Duce e del suo buon nome, e difficoltà a prendere le distanze da frange e fronti dichiaratamente razzisti e antisemiti.
Di fronte ai conti che non tornano c’è di che rimanere perplessi.
A giorni sarà il 25 aprile. Data ancora una volta contesa e contestata. Di solito la si contesta con il ricordo delle foibe, o la si distorce con la propaganda palestinese. Quest’anno se ne vuol fare il giorno del coronavirus, per far cadere nel ridicolo anche questa tragedia dei nostri giorni, ma soprattutto per cancellare dal calendario il giorno della Liberazione. C’è infatti, chi la commemorazione della Liberazione dal nazifascismo non la ama affatto, perché, sembra ovvio, il nazifascismo lo amava e lo sosteneva, e ne rimpiange l’ingloriosa sorte. Dunque, un bel tratto di penna sul 25 aprile.
Alla demagogia di queste proposte squallide e dalle gambe corte, si aggiungono di questi tempi anche la diffusione di articoli di giornali ingialliti con la riproposta di antiche contro-verità: la Liberazione è stata opera degli americani, non della Resistenza; la resistenza fu un fenomeno insignificante; la resistenza fu un’accozzaglia di criminali. Si è già scritto più volte che nella Resistenza c’era di tutto, ma c’era sicuramente anche chi era guidato dall’ideale della libertà, e non tutti erano ‘comunisti assassini’. Il movimento era guidato senza dubbio da ideali di lotta all’oppressione e alla dittatura. Assassini e stragisti e criminali erano invece, senza alcun dubbio, i fascisti e la loro prassi politica. Con qualche rarissima eccezione. Rarissima, e non nel nostro ricordo.
Negare, ora, che la Resistenza abbia fatto la sua parte, pur riconoscendo il contributo fondamentale americano, significa cercare di affossare e delegittimare il ruolo della Resistenza in funzione pro-fascista, visto che, per contro, del fascismo e del suo contributo alla ‘pace’ e alla convivenza civile nulla si dice e nulla si accetta che si dica, a beneficio di un cosiddetto e presunto spirito di ‘pacificazione’ nazionale. Il fascismo, così, ha indossato prima il doppiopetto e ora la felpa.
La Resistenza è sotto attacco da anni al solo scopo di delegittimarla per riportare in auge, con ogni pretesto, l’ideale fascista. Quindi: Mussolini ha fatto anche cose buone, i treni arrivavano in orario, la colonizzazione ha fatto il bene dei colonizzati, i fascisti amavano gli ebrei, i fascisti amano Israele; i resistenti, invece, erano tutti comunisti e tutti criminali.
E si cerca di far dimenticare, in tal modo, che a salvare la coscienza degli italiani fu proprio il sacrificio minoritario della Resistenza, senza la quale tutti gli italiani, la loro stragrande maggioranza, sarebbero risultati palesemente fascisti o, quanto meno, conniventi con il fascismo.
La Resistenza ha avuto un sua funzione nell’immediato dopoguerra per salvare la faccia del paese di fronte all’Europa. Ora non serve più, la si può relegare nel dimenticatoio per riconsiderare la storia e rivalutare il bel passato fascista.
La strategia della destra nostalgica è preminentemente demagogica. A darle una mano, poi, è, indirettamente ma in modo sostanziale, la tendenza terzomondista anti-israeliana (non di rado antisemita) di molta sinistra strabica e partigiana (nel senso più deteriore).
Il 25 aprile servirà, se servirà, per ristabilire gli equilibri e riaffermare le verità della storia. Ma arrendersi alla sua negazione non farà bene allo spirito etico e civile del paese.
Dario Calimani, Università di Venezia
(21 aprile 2020)