Memoria e virus

vpaÈ una settimana importante quella che contiene il 21 e il 25 Aprile. Il 21 Aprile per la memoria si ricorda in Israele lo Yom Ha Shoah, mentre in Italia il 25 Aprile si ricorda la Liberazione dal nazifascismo. Il periodo che si ricorda è lo stesso, che produsse la Shoah in Europa e nel Mediterraneo e che diede luogo ai regimi nazifascisti.
È lecito, quindi, chiedersi che cosa c’entrano i virus e nella fattispecie il COVID-19 con il 25 Aprile?
La domanda andrebbe rivolta al vicepresidente del Senato italiano – si noti bene: vicepresidente del Senato Italiano – Ignazio La Russa. Infatti, la proposta di questo bizzarro 25 Aprile è il tentativo un po’ maldestro del membro di Fdi di unire in una unica giornata di lutto che ricordi, in quanto italiani, non solo le vittime del nazifascismo ma le vittime di tutte le guerre, unite alle vittime del Covid-19. Perché anche quella contro il coronavirus è una guerra combattuta dagli italiani (ma bisognerebbe aggiungere non ancora vinta e in corso di svolgimento) e che ha causato molte vittime. Quella contro il coronavirus però, e non si smetterà mai di ripeterlo, non è una guerra, ma solo una difesa e la ricerca di una cura, altrimenti detto vaccino, verso una malattia che può avere degli esiti letali. Volendo seguire il modello virus/25Aprile potremmo dire che sarebbe paradossalmente plausibile se volessimo anche ricordare che le truppe italiane andarono sui vari fronti male armate, come ad esempio con le suole di cartone per avanzare nel gelo russo. E nella contingenza attuale si sono, invece, mandati al fronte soldati la cui età variava dai 70 ai 90 anni. Un bell’esercito, oggi, come quello di allora! Considerando anche che le truppe in prima linea di oggi, i medici, sono stati male armati di strumenti sanitari. Ma è meglio fermarci qui, perché il paragone fra la Liberazione e la lotta al coronavirus è un confronto alquanto stremato, oltre che, ingiusto per coloro che furono costretti ad ammalarsi di nazifascismo, malgrado la loro voglia e il loro desiderio di vivere sani e liberi.
Inavvertitamente, però, voler accostare il 25 Aprile alla lotta contro il coronavirus fa una implicita ammissione che il nazifascismo fu non solo una dittatura, ma anche una un virus che poco ha a che fare con l’umanità, se non infettarla e portarla alla distruzione.
E dobbiamo quindi chiederci quanti portatori sani ci sono ancora in giro e quanti asintomatici vagano impunemente?
Invece di essere lasciati liberi di propagandare liberamente idee, per seguire la profilassi andrebbero messi in quarantena e rilasciati soltanto se risultati negativi al secondo tampone. Ma per queste idee nazifasciste dall’esito mortifero non sembra si vogliano adottare delle cure e si considerano delle blande opinioni, cosi come il coronavirus manifesta dei sintomi analoghi all’influenza pur non essendolo. Per questo, ragionevolmente ed anche irragionevolmente, la proposta di La Russa e una analogia improponibile, perché siamo ormai, nostro malgrado, costretti a convivere con focolai di nazifascismo risorgente e per il quale gli anticorpi sviluppati non servono a rendere immuni tutti.
L’altra data che si ricorda in Aprile è lo Yom Ha Shoah che ricorda lo sterminio razzista di circa sei milioni di esseri umani. Spesso l’anti-israelitismo (anti-israelitismo un termine più contemporaneo, che viene dopo l’antigiudaismo e l’antisemitismo, che unisce l’odio verso gli ebrei insieme e strabicamente unito all’odio verso Israele) è considerato una specie di male antico e perenne che coesiste insieme alla vita dei primi ebrei, un po’ come lo sono i virus in relazione al DNA degli animali.
Ebbene l’anti-israelitismo, come i virus sonnecchianti e per i quali erroneamente si crede che basti il Giorno della Memoria usato come vaccino, torna e si nasconde nei comportamenti più svariati. Come, ad esempio, quelli che vogliono fare di ogni guerra una unica spietatezza dell’umanità in un grande calderone della malvagità umana, dimenticando o cancellando o azzerando o ancora negando la storia. Ma la storia è la mutazione del virus nel corso della vita, e se non si capisce bene come i virus mutino diventa difficile trovare cure e vaccini adeguati, poiché si potrebbe essere portatori sani di ciò che si vorrebbe debellare. Un po’ come il mito di Edipo che chiede all’oracolo di rivelargli la causa della peste a Tebe e Tiresia gli rivela che la peste in città è portata da Edipo stesso, il quale si era macchiato di parricidio e incesto, sebbene inconsapevole. Ma inconsapevole non significa ancora innocente. Quindi chi, oggi, vuole in modo asintomatico dichiararsi innocente dovrebbe testificare se è anche inconsapevole. E qui, l’urgenza dei tamponi diventa impellente, prima che accada come già accadde nel primo episodio di anti-israelitismo della storia, sebbene sia la narrazione mitica della Bibbia, che si accusino gli “ebrei”, che vollero soltanto la libertà dalla schiavitù e l’Esodo verso Israele, di essere coloro che attraverso le 10 piaghe portarono alla rovina l’Egitto.
Anche gli Egizi, forse, avrebbero aver voluto esser considerati un unico popolo insieme al popolo degli ebrei (ebrei che “paradossalmente” da alcune vaghe fonti storiche dell’antichità sono connotati come originati da colonie di lebbrosi), se non fosse che questi ultimi per loro erano solo degli schiavi, per i quali l’identità non era solo nella patria Egitto ma nella libertà dall’oppressore.

Vittorio Pavoncello, regista

(21 aprile 2020)