La sconfitta del corbynismo
Le notizie sull’epidemia di coronavirus ne hanno oscurate sui media altre due di notevole importanza: la ripresa del terrorismo islamista in Europa (in Israele non è mai cessato) e la sconfitta di Jeremy Corbyn, o meglio della candidata da lui designata dopo il suo ritiro, nella contesa per la leadership del Partito laburista.
Per quanto riguarda l’attacco al coltello compiuto in Francia, in Val d’Isère, da un rifugiato sudanese contro civili inermi, che ha provocato la morte di due di essi e il grave ferimento di altri quattro, esso rientra nel quadro del terrorismo a bassa intensità, caratterizzato cioè non da imprese eclatanti compiute da gruppi più o meno numerosi di terroristi organizzati, ma da azioni individuali, che possono essere fatte passare come gesti isolati di persone folli o disadattate. In realtà questo tipo di terrorismo è molto pericoloso perché è difficilmente prevedibile e controllabile, specialmente nei Paesi che, come la Francia, sono caratterizzati da una rilevante presenza islamica.
La sconfitta di Corbyn conclude un lungo periodo caratterizzato non solo da una serie di sconfitte laburiste ma dal diffondersi nel corpo del partito di un antisemitismo che aveva sì dei precedenti nella storia della sinistra britannica ma non nelle forme e nella misura in cui si è manifestato negli ultimi anni. Quello del Partito laburista è un caso esemplare, quasi da manuale, che mette in evidenza come da una iniziale contrarietà alla politica dei governi israeliani si passi a un’ostilità generalizzata contro lo Stato d’Israele come tale per sfociare poi in forme di antisemitismo di tipo tradizionale. Chi sostiene che l’antisionismo è la forma moderna dell’antisemitismo non poteva trovare conferma più convincente.
Che cosa accadrà adesso con la nuova leadership moderata di Keir Starmer è difficile dire. L’antisemitismo è un veleno sottile, che penetra in profondità nelle fibre di un organismo sociale e non è facile liberarsene. I prossimi mesi e anni diranno se il corbynismo è stato solo un episodio della storia del laburismo britannico. C’è da dubitarne, se si tiene conto che fenomeni simili si sono verificati anche in altri partiti di tendenza socialista, come quelli scandinavi, e anche nel Partito Democratico americano, non solo ad opera di alcune minoranze estremiste ma anche di un leader che ha ottenuto un imprevisto successo come Benny Sanders, per giunta di origine ebraica!
Si è ripetuto nel nostro tempo, in forme diverse, quello che era accaduto nel secolo scorso, quando l’essere più o meno a sinistra veniva misurato sulla base del sostegno offerto all’Unione Sovietica. Inutilmente il leader socialista francese Guy Mollet affermava che “i comunisti non sono a sinistra, sono all’Est”: buona parte del mondo intellettuale ma anche dell’opinione pubblica, in Francia come in Italia, assumeva come parametro della propria collocazione politica la maggiore o minore vicinanza all’URSS. Oggi l’URSS non esiste più ma di nuovo si assume come riferimento della propria collocazione politica un parametro esterno, quello dell’appoggio al movimento palestinese, che trascina con sé una valutazione negativa dello Stato d’Israele, con la ripetizione dello scivolamento verso l’antisemitismo che già si è visto nel caso del Partito laburista.
È interessante vedere il giorno successivo (5 aprile) ai due fatti il comportamento della stampa italiana. Il “Corriere della Sera” ha relegato a pagina 27 la notizia dell’atto di terrorismo in Francia mentre ha ignorato completamente quanto accaduto nel Partito laburista. È un buco grave per quello che vuole continuare a proporsi come il maggior quotidiano italiano. Del tutto diversa è stata la scelta di “Repubblica”, che non solo è l’unico quotidiano italiano a dar conto di entrambi gli episodi ma, correttamente, ha colto anche il nesso, ovviamente indiretto, tra i due, parlandone nella stessa pagina (la 24) in maniera ampia e sottolineando anche che Starmer “nel suo primo discorso da leader, a differenza di Corbyn, ha chiesto scusa per lo scandalo antisemitismo nel Labour”, ricordando anche l’origine ebraica della moglie. Stupisce il silenzio della “Stampa”, di solito molto sensibile a certi temi, sul cambiamento avvenuto nel Labour, mentre ha fornito a pagina 15 la cronaca dell’attentato francese sottolineando, come d’altra parte tutti gli altri quotidiani, che il terrorista ha gridato “Allah Akhbar”, chiarendo la matrice ideologica del suo atto. “Il Manifesto” ha rovesciato questa scelta, tacendo dell’atto terroristico e dedicando invece un ampio articolo alla vittoria di Starmer; ha parlato anche, con un certo sarcasmo, dell’impegno del nuovo leader contro l’antisemitismo ma sostenendo cinicamente che “questo non sia esattamente un problema che tiene il paese sveglio la notte”. Infine “Il Giornale e “Il Sole 24 Ore” hanno ignorato entrambe le notizie: se per quest’ultimo può, in parte, valere l’attenuante del suo prevalente taglio economico-finanziario, meraviglia il silenzio di un quotidiano politicamente impegnato come quello diretto da Alessandro Sallusti.
Valentino Baldacci
(23 aprile 2020)