Il potere che frena
Il mondo è una giungla ricca di vegetazione di così tante specie da opporre resistenza a ogni tentativo di schematizzare, schedare, incasellare. Esplorarlo insegna forse soprattutto l’irrealtà, e in qualche modo anche la futilità, di ogni mappa: c’è sempre un fiore che sfugge, un uccello mai osservato, un insetto sconosciuto.
Anni fa a Pavia ho partecipato a una giornata in cui alcuni studenti camerunesi presentavano il proprio paese. Una ragazza, vestita come i suoi compagni con abiti dai molti colori, descriveva l’usanza, diffusa soprattutto nelle aree rurali, dei matrimoni combinati dalle famiglie dei futuri sposi oppure dallo sposo insieme al padre della sposa – in ogni caso senza che quest’ultima abbia parte nella decisione. La ragazza difendeva con forza questo modello, in particolare perché capace di dare lustro e onore alla sposa, ottenuta di prassi in cambio di beni trasferiti ai genitori dal futuro marito. Una cerimonia di festa, anch’essa molto apprezzata da chi parlava, suggella e pubblicizza il contratto.
Non è mia intenzione individuare somiglianze e differenze tra la realtà descritta dalla studentessa camerunese e modelli a noi più familiari. Penso invece a quanto ha detto in una recente intervista al “Messaggero” Deborah Feldman, autrice del libro autobiografico “Unorthodox”, trasformato in fortunata miniserie da Netflix. Secondo Feldman nella comunità chassidica Satmar “gli uomini dettano la legge, ma le donne la usano”. Nel 1946 e 1948, quando in Italia dopo la sconfitta del fascismo le donne hanno ottenuto la possibilità di votare, c’era d’altronde chi metteva in guardia: “Voteranno quello che dice il marito o quello che dice il prete?”. Una frase che, tagliando con l’accetta, permette comunque di individuare non tutta, ma pur sempre una verità. È il paradosso della libertà.
C’è un potere invisibile che però si nutre di manifestazioni molto visibili, per esempio la copertura del capo per le donne – di volta in volta imposta, desiderata, pretesa – che è diffusa in alcuni ambienti ebraici. È un potere che frena non un improbabile progresso e neanche la diffusa, sbandierata e pretestuosa fobia nei confronti dell’assimilazione che è in realtà culto identitario di sé, frena invece la consapevolezza delle proprie possibilità.
Giorgio Berruto