“La missione Irini
favorisce Haftar”

“L’obiettivo primario dell’operazione Irini è fare rispettare l’embargo Onu contro l’invio di aiuti militari stranieri in Libia. La sua area d’operazioni è il mare Mediterraneo. Ma ai nostri nemici le anni e munizioni arrivano principalmente via terra e aria. Questa è, in breve, la nostra obiezione: i nostri porti saranno controllati, le nostre truppe penalizzate, mentre gli scali di Haftar saranno liberi di ricevere ogni aiuto e le sue milizie di utilizzare qualsiasi tipo di rinforzo militare”. È quanto afferma il Primo ministro libico Fayez Sarraj in una intervista con il Corriere che si apre con l’operatività della nuova missione navale europea (a guida italiana nel primo semestre).

Il premier Mateusz Morawiecki ravvisa, in una intervista a La Stampa nel 75esimo anniversario dalla fine del secondo conflitto mondiale, una scarsa sensibilità verso la storia e la memoria polacca. “Durante la Seconda guerra mondiale – afferma – i polacchi non soltanto adempirono agli impegni dell’alleanza unendosi alle azioni di difesa in Francia e Gran Bretagna, ma anche combattendo al fianco degli alleati dal 1939 fino alla fine della guerra. Diventarono famosi per il loro eroismo lottando su molti fronti”. Nessun riferimento viene però fatto alle gravi responsabilità che vi furono nella Shoah.

Dal 18 maggio via libera alle messe. Lo stabilisce l’accordo siglato ieri a Palazzo Chigi tra Governo e Conferenza Episcopale Italiane. Il Corriere, tra gli altri, riporta le dichiarazioni della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese che annuncia che “un impegno analogo è stato preso anche con i rappresentanti delle altre fedi, dagli ebrei ai musulmani”.

Anna Winger, la creatrice di Unorthodox, parla con il Venerdì del successo della miniserie. A suo dire positivi sarebbero i riscontri nel mondo ortodosso. “Hanno apprezzato la cura dei dettagli, l’uso corretto dell’yiddish, la ricerca fatta sui rituali religiosi. E poi è piaciuto il fatto che abbiamo chiamato attori ebrei. Una scelta fortunata, che ha trasformato il set in una comunità d’ampio spettro, dove dal laico all’ultrareligioso c’era di tutto e – afferma Winger – si dibatteva continuamente su cosa significhi essere ebrei oggi, confrontandoci sul tema centrale della serie, il conflitto fra identità e radici”.

Altre due segnalazioni dal Venerdì. Nella rubrica Cronache celesti si parla della collaborazione, nella lotta al virus, tra le autorità israeliane e le varie leadership religiose. Con qualche sforzo in più invece di “Terra Santa” si poteva scrivere Israele.
In un altro articolo si parla invece del documentario Circus of books realizzato dalla figlia di Karen e Barry Mason, “due religiosissimi ebrei di Los Angeles che fondarono la prima libreria hard della città”.

Nuovi apprezzamenti italiani per Fauda, altra serie Netflix di successo. Se ne parla nella rubrica Onda su onda su Repubblica. “Fauda – si legge – non costituisce un’eccezione nelle fiction che raccontano dei soldati e reduci israeliani. Che sono ‘action’ quanto basta, fra spari, coltelli, bombe e inseguimenti, ma praticano la sottigliezza psicologica e alla fin fine ti lasciano dentro più la malinconia che l’adrenalina”.

“Per loro il lavoro era finito ben prima che arrivasse il coronavirus e ricomincerà molto dopo che l’emergenza sarà terminata”. Così Repubblica Roma racconta il difficile presente degli urtisti, i venditori di ricordi. Un mestiere antico appannaggio di alcune famiglie ebraiche romane che si trasmettono la licenza da generazioni. Nell’articolo, richiamato in evidenza in prima pagina sotto al titolo “C’era una volta il venditore di rosari”, si torna a parlare delle vicende che portarono, anni fa, all’allontanamento dalle loro postazioni storiche. “Io e il rabbino capo fummo ingannati”, sostiene l’ex presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(8 maggio 2020)