Controvento – Il dolore degli altri

Si è molto parlato negli ultimi mesi dei gesti di solidarietà che si sono manifestati ovunque, nati spontaneamente per generosità ed empatia verso i più deboli e sofferenti. Quasi sempre, per venire incontro ai problemi pratici di chi aveva difficoltà a muoversi, a uscire. Ma c’è anche chi non ha sottovalutato le difficoltà psicologiche del confinamento. Problemi di solitudine, da un lato, ma anche, all’opposto, di sovraffollamento in spazi angusti. Di violenza famigliare esasperata dalla convivenza forzata 24/7. Di disperazione per il futuro economico, lo spettro della disoccupazione. O semplicemente per l’impossibilità di ricorrere a un aiuto esterno, di incontrare gli amici, qualcuno con cui condividere l’ansia, i timori, la fatica…
Da queste constatazioni è nata la linea telefonica antisolitudine #iorestoinsieme (06-6548370), un progetto lanciato da Tobia Zevi, ricercatore all’Ispi di Milano, che insieme a una manciata di amici, perlopiù colleghi di lavoro, ha pensato di dedicare qualche ora al giorno all’ascolto delle persone che hanno bisogno di un orecchi amico, con cui sfogarsi, lamentarsi, condividere dolori e preoccupazioni, ma a volte anche un sorriso. “Con nostra sorpresa, siamo stati travolti dalle telefonate, non solo di persone che richiedevano aiuto, ma anche di volontari che ci offrivano di collaborare” racconta Tobia, che si occupa di politica di sviluppo della città e non è quindi nuovo alle tematiche psicosociali. In un mese e mezzo, più di 2.000 chiamate e uno staff che ha raggiunto i 255 volontari, che si alternano al telefono ogni giorno fra le 17 e le 21.
“È una esperienza che mi ha profondamente cambiato – spiega Zevi – Ho toccato con mano realtà che spesso chi è giovane nemmeno immagina. In televisione, sui giornali, si legge spesso di persone che hanno riscoperto attraverso l’isolamento valori, interessi, amicizie. Si vedono serenate dai balconi e si celebra lo smart working. Noi ci confrontiamo con l’altro lato della medaglia. Gente disperata, sola, sessantenni che si sentono anziani e non hanno più motivazione per andare avanti, famiglie disgregate, genitori lasciati soli, situazioni economiche devastanti. Ho capito che bisogna abbandonare le narrazioni di comodo e guardare la realtà in faccia. Non è edificante”. La violenza in famiglia per esempio. Si pensa che si tratti di casi isolati, e invece quante donne subiscono abusi fisici e psicologici da parte di mariti e compagni… In questi mesi, prigioniere dei loro persecutori, non hanno avuto nemmeno la possibilità di trovare conforto sfogandosi con le amiche (sulla violenza durante il Covid, abbiamo pubblicato un interessante e ben documentato articolo dello psicologo Michele Mattia sul nostro sito www.controvirus.it). C’è chi ha perso i propri cari nell’epidemia, e non si dà pace per averli lasciati morire da soli, nemmeno un ultimo saluto, una carezza, un funerale… sensi di colpa e cupe disperazioni. Ci sono storie d’amore spezzate dalla distanza, scoperte di tradimenti, c’è chi ha i figli lontani e vive in attesa di telefonate che non arrivano, o, se arrivano, sono spicce e distratte. Molti sono confrontati con problemi economici incalzanti, soprattutto chi lavora in proprio e non ha entrate, e si vergogna a chiedere aiuto. Ci sono madri che non ce la fanno più a gestire i figli piccoli che si annoiano, quelli più grandi che devono studiare a distanza, i mariti sgarbati e aggressivi perché non sono abituati a restare a casa e se la prendono con moglie e figli.
“Noi non ci reputiamo un ‘servizio’: quello lo lasciamo a professionisti e competenti” puntualizza Zevi. “Ci limitiamo a dare conforto e compagnia a chi sta soffrendo, un interlocutore a chi non ne ha, un supporto a chi sta consumando il proprio isolamento tra angoscia e paura. Anche una semplice telefonata può essere un aiuto prezioso per chi si sente solo”.
Ora Tobia ha lanciato una raccolta di firme per ottenere che lo Stato dia un contributo economico alle famiglie dei medici, degli infermieri e dei professionisti nel settore sanitario, quasi 200 persone che hanno perso la vita durante l’adempimento del proprio dovere. Sono gli “eroi“ tanto celebrati dai media, che si lasciano alle spalle mogli e figli in grandi difficoltà economiche: di loro nessuno si preoccupa.
È una iniziativa meritoria, chi vuole firmare l’appello, lo può fare sul sito www.iorestoinsiemeallefamiglie.it.
Una constatazione finale, che riguarda la nostra comunità. Troppo spesso noi siamo accusati di pensare solo a noi stessi, di celebrare solo la nostra memoria, di disinteressarci ai problemi degli altri. E si può comprendere. Come italiani, siamo stati traditi dal Paese di cui ci sentivamo cittadini, da un Re di cui ci consideravamo sudditi, e il ricordo è ancora vivo. Abbiamo creduto di essere uguali agli altri, e ci è stato ricordato in modo drammatico che siamo diversi. In tuta Europa. L’iniziativa di Tobia Zevi, come il lavoro sui Giusti che sta portando avanti Gabriele Nissim, sono una dimostrazione che nonostante tutto l’ebraismo è capace di aprirsi e di dare un contributo al dolore degli altri – e questo mi sembra importante e significativo.

Viviana Kasam