Rolf Hochhuth (1931-2020)
“Rolf Hochhuth, il giovane autore tedesco de Il Vicario, ha fatto un rapido salto dall’oscurità totale al suo attuale status di individuo più maltrattato del continente europeo”. Così scriveva nel 1964 il New York Times, raccontando l’improvvisa notorietà internazionale raggiunta dall’allora trentunenne drammaturgo e scrittore tedesco Rolf Hochhuth: il suo Il Vicario, messo in scena a Londra, Berlino e Parigi, aveva generato grande scandalo e al contempo molti apprezzamenti. Nella pièce teatrale Hochhuth denunciava i silenzi del Vaticano, e in particolare del pontefice Pio XII, davanti alla Shoah. Quell’opera lo ha reso celebre ma anche bersaglio di attacchi e di censure. “Il Vicario tocca tutta una serie di nervi scoperti nel corpo spirituale dell’Europa – spiegava il New York Times all’epoca -: la tradizione morente dell’antisemitismo clericale, l’ancora vivido spirito antitedesco che pervade il continente due decenni dopo la guerra, l’agonia morale della nazione tedesca che ancora cerca di fare i conti con le responsabilità del Terzo Reich, il cosa abbia permesso a tutti quegli uomini civilizzati di contemplare la distruzione dell’ebraismo europeo”. Il nome di Hochhuth, scomparso di recente all’età di 89 anni, è dunque indissolubilmente legata a quel suo lavoro di denuncia. “Hochhuth ha messo in luce, come nessun altro, la mancanza di coraggio del Vaticano durante il nazismo, innescando in Germania, seppur in ritardo, il dibattito”, ha dichiarato il Consiglio centrale degli ebrei di Germania in una nota in ricordo dello scrittore e drammaturgo tedesco. “Un modello per gli scrittori che denunciano i torti sociali e difendono il processo di elaborazione del passato tedesco”, ha aggiunto il presidente dell’ente rappresentativo dell’ebraismo tedesco Josef Schuster.
Nato il 1 aprile 1931 a Eschwege, Hochhuth fu redattore in una casa editrice della Germania Ovest, e ideò suo Il vicario durante un soggiorno a Roma nel 1959. Il suo debutto teatrale, ricorda lo Jüdische Allgemeine, fu pubblicato dalla casa editrice Rowohlt nel 1963 e la prima della pièce fu diretta da Erwin Piscator nello stesso anno.
Nel 1978, la storia firmata da Hochhuth Eine Liebe in Deutschland (Un amore in Germania) innescò una discussione sul passato del primo ministro del Baden-Württemberg Hans Filbinger come giudice nazista, riaprendo un dibattito più ampio sulla denazificazione della Germania. Tra le sue opere teatrali più note ci sono anche Wessis in Weimar e McKinsey kommt (2004).
“Con lo sterminio degli ebrei, noi tedeschi portiamo la più grande colpa e vergogna del XX secolo, forse di tutta la storia occidentale. Ma non ammetto che ci sia una sorta di marchio di Caino sull’anima tedesca che rende quel popolo univocamente capace del fenomeno nazista. – affermava Hochhuth nel 1964 al Times parlando dell’opera Il Vicario – Hitler era il prodotto di un insieme di circostanze che potrebbero essere riprodotte altrove. Questo non significa che io assolva il popolo tedesco dal senso di colpa. Al contrario. Ma c’è una gerarchia di colpa. In cima ci sono le persone che hanno dato gli ordini e che hanno effettivamente eseguito lo sterminio. Al livello successivo c’è il popolo tedesco nel suo insieme. È un semplice fatto che Hitler è salito al potere legalmente e che la nazione lo ha sostenuto, attivamente o passivamente, praticamente fino alla fine”.
dr