Dai Musei ebraici al cibo casher,
una fase due di sfide e opportunità
In alcune Comunità ebraiche le sinagoghe sono già state riaperte. In altre il primo Shabbat in cui la funzione sarà garantita è quello in arrivo. Per altre l’occasione sarà invece l’imminente solennità di Shavuot. Ma a ripartire non è solo l’attività sinagogale. Musei, librerie, ristorazione casher. Per tutti nuove regole e nuove sfide da affrontare.
Il Museo ebraico di Venezia è tra le istituzioni che riapriranno le proprie porte nelle prossime ore. “L’idea – racconta la direttrice Marcella Ansaldi – è di aprire un paio di giorni alla settimana. Una specie di esperimento, almeno in questa fase, per vedere cosa succede. Chi viene a trovarci e perché. Allo stesso tempo lavoreremo molto sul virtuale, implementando la nostra offerta in rete”. La nuova fase, per il Museo veneziano, sarà però caratterizzata soprattutto dalla sfida di rimodulare i propri assetti e la propria offerta. Già in cantiere prima della pandemia, un lotto di lavori di prossima esecuzione porterà infatti a una consistente trasformazione degli spazi museali e delle sue possibilità di racconto. “Cercheremo di usare i mesi che ci attendono, che si annunciano drammatici dal punto di vista dei flussi turistici, per modernizzarci e per arrivare a un pubblico più vasto ed eterogeneo. Nel disastro, un’opportunità per migliorare e lasciare un segno”. Far ripartire il cantiere in un momento così difficile, sottolinea Ansaldi, è infatti “un ottimo messaggio per tutta Venezia”.
Ester Di Segni è una delle anime della libreria Kiryat Sefer, situata nel cuore del quartiere ebraico di Roma. “Abbiamo riaperto – spiega – quando ci è stata data la possibilità, quindi diversi giorni prima dell’inizio della fase due. Qualche timido segno di ripartenza c’è stato, ma siamo sotto gli standard abituali. Anche perché diversi nostri clienti affezionati sono persone che vengono da fuori Roma e che ad oggi, per via del blocco agli spostamenti tra regione ancora in vigore, non possono raggiungerci. Ci arrivano molti messaggi, testimonianze di affetto che scaldano il cuore”. I frequentatori storici romani si stanno intanto riaffacciando dalle parti del Portico d’Ottavia. “C’è, da sempre, un rapporto molto umano con i nostri clienti. Lo abbiamo tenuto vivo anche nelle scorse settimane, con diverse attività che, in collaborazione con la Comunità e con il Centro di Cultura Ebraica, hanno animato la nostra pagina Facebook. Essendo la nostra una libreria di nicchia, certi volumi li abbiamo solo noi. Quindi qualcuno dei nostri clienti più affezionati, lo dico col sorriso, è andato in vera e propria crisi di astinenza”. Queste le scelte più frequenti: “I libri più venduti sono stati commenti di Torah e Sidurim. Ma qualcuno ha anche cercato libri nuovi, di altro genere. Ieri ad esempio abbiamo venduto qualche copia del romanzo Verso casa, della Giuntina, la prima novità editoriale che è arrivata in libreria”.
Afshin Kaboli e i fratelli Afsaneh e Ruben hanno aperto dieci anni fa il loro ristorante Denzel a Milano e non immaginavano di dover festeggiare questo significativo anniversario nel bel mezzo di una pandemia, con il locale chiuso e tanti interrogativi su come andare avanti. “L’11 marzo – racconta Afshin – abbiamo chiuso ufficialmente, ma molti locali già da due giorni avevano tirato giù le serrande. Parlavano di una chiusura di qualche settimana ma non era credibile: la città era deserta. Per noi è stato molto difficile, abbiamo iniziato a fare delivery ma per chi lavora nella ristorazione è tutto molto complicato”.
Domenica il ristorante riaprirà i battenti ufficialmente, ma il futuro è ancora incerto: “Le persone hanno ancora paura a sedersi nei locali. Con il distanziamento poi per noi significa il 50% in meno di clientela. Stiamo aspettando il via libera per poter fare domanda al Comune per i dehors, ma servirà comunque tempo alle persone per fidarsi e tornare a mangiare al tavolo di un ristorante”. Il problema, sottolinea Afshin, è che le spese continuano ad esserci ed è difficile chiedere un aiuto ai fornitori, che si trovano a loro volta in difficoltà. Anche il reperimento della materia prima, della carne casher ad esempio, non è stato facile. “C’è poca produzione locale, noi facciamo arrivare la carne anche dall’estero, ma non tutto era disponibile”. Ma da Denzel, nonostante tutto, si guarda al futuro, al momento in cui sarà possibile festeggiare questi dieci anni di attività con i propri clienti. “Diverse persone in queste settimane ci hanno chiamato per ordinare e per sostenerci. ‘Vi abbiamo pensato e vogliamo aiutare’, mi hanno detto. Sappiamo che ci sarà da soffrire, anche perché in estate i nostri clienti sono soprattutto israeliani, americani, francesi che mangiano casher e ora dubito che arriverà qualcuno”.
(22 maggio 2020)