Netanyahu alla prova della giustizia

Un grande evento mediatico. All’indomani dell’inizio del processo a Benjamin Netanyahu, il primo in Israele a un Premier in carica, i canali di informazione israeliana si soffermano su ogni parola e ogni istante di questo primo step di un procedimento che si prospetta lungo e logorante. Il leader del Likud, prima di salire sul banco degli imputati, ha definito tutta la vicenda un complotto ai suoi danni per rovesciarlo e per colpire tutta la destra. Affiancato da ministri e parlamentari del suo partito, Netanyahu – incriminato per corruzione, frode e abuso d’ufficio – ha lanciato un appello ai suoi sostenitori, affermando che i giudici di Gerusalemme vogliono mettere sotto processo tutti loro e non solo lui. “Bibi non sei solo”, recitavano alcuni cartelli fuori dal tribunale, portati dai manifestanti pro-Netanyahu. Dall’altra parte della barricata, gli oppositori, con le loro bandiere nere, simbolo che la democrazia israeliana è in pericolo a causa di Netanyahu. “Un processo dovrebbe essere deciso dal materiale probatorio, non dalla marmaglia in piazza”, il duro commento di Aviad Hacohen, editorialista di Israele Hayom, quotidiano vicino a Netanyahu. Hacohen si è detto felice che “il carnevale” organizzato dai manifestanti sia rimasto fuori dall’aula di tribunale, auspicando che il processo prosegua regolarmente il suo iter. “Il primo ministro si è presentato al tribunale del distretto di Gerusalemme, e la frase ‘Lo Stato di Israele contro Benjamin Netanyahu’ ha scosso la nazione fino al midollo. – scrive l’editorialista di ynet Ben-Dror Yemini – Questo non è semplicemente un evento in corso d’opera, è più che altro una escalation. Una parte ha già condannato il primo ministro e l’altra lo ha già scagionato. Le linee di battaglia sono state tracciate, l’ostinazione prevale e l’ostilità reciproca è salita a nuovi livelli. I leader di ciascuna parte non hanno aspettato l’inizio del processo. Dopotutto, coloro che hanno già preso una decisione non si occupano di queste sciocchezze. Questi sono giorni di canicola per lo Stato. Ogni tentativo di mantenere la decenza e l’equità (come faccio io) è accolto con una raffica di critiche e condanne”. Secondo l’editorialista di Ynet, è necessario un cambio di rotta e lasciare che la giustizia faccia il suo corso, anche se “il processo da parte dei media e dell’opinione pubblica non finirà; ma si svolgerà semplicemente in concomitanza” con quello vero.
Per Yossi Verter, il primo ad infiammare gli animi è stato Netanyahu con i suoi discorsi pre-audizione. “Se c’era qualcuno che si aspettava che Netanyahu mostrasse un po’ di umiltà o si sforzasse di far diminuire le fiamme il primo giorno del suo processo, il discorso di domenica ha dimostrato che si sbagliava. Ora il sistema politico si calmerà un po’, fino alla fase delle testimonianze e delle prove. Come hanno indicato gli avvocati dell’imputato, stanno giocando con il tempo, per ritardare il più possibile l’inevitabile”, scrive Verter, secondo cui il leader del Likud si sta preparando a una nuova elezione, mentre l’alleato Benny Gantz rimarrà intrappolato nella battaglia mediatica. La sua reazione al processo – dopo aver criticato in passato a lungo Netanyahu – è stata molto moderata. “Sono certo che il sistema giudiziario terrà un processo equo – ha detto Gantz – Sottolineo che io e i miei colleghi abbiamo piena fiducia nel sistema giudiziario e nelle forze dell’ordine”.