Oltremare – I treni

In pochi mesi siamo passati da un’epoca d’oro nella quale detto francamente davamo tutto per scontato, a una nuova era in cui ogni libertà che ci viene restituita ci sembra un regalo immenso. Per esempio i treni. In Israele i treni ci sono dall’epoca Ottomana, a voler essere precisi nel 1892 è stata inaugurata la prima linea, che collegava Jaffa a Gerusalemme. Questioni portuali, posso immaginare. Ma la ferrovia in questo incredibile paese ha proprietà carsiche. Compare, a tratti, prima da Jaffa a Gerusalemme, poi da Haifa BetShe’an, poi da Beer Sheva a Kadesh Barnea, che si trova adesso sulla linea di confine con l’Egitto. All’epoca i confini erano altri, essendo la zona ancora in ebollizione nell’era Ottomana e poi coloniale. Le prime stazioni, quella di Jaffa e quella di Gerusalemme, sono adesso lontanissime da qualunque rotaia in uso, e sono diventate molto di recente luoghi di aggregazione (si può scrivere “aggregazione”, vero, non è una parolaccia, è un fatto della vita), con ristoranti e negozi e soprattutto spazi all’aperto dove fare jogging (sì, dobbiamo rassegnarci anche a questo, ad un certo punto le persone torneranno a fare jogging e salvo avere pietà delle loro povere ginocchia no potremo dire niente).
In epoca più moderna, cioè proprio l’anno scorso, la linea Tel Aviv – Gerusalemme ha finalmente visto un enorme salto in avanti, quando la linea, che passa anche per l’aeroporto, è stata inaugurata nel giubilo generale. Ha funzionato male e a sprazzi, lasciando passeggeri in tunnel, cancellando corse senza alcun costrutto, insomma ha ereditato la natura carsica dei suoi predecessori, ma è rimasta la speranza che si assesti e diventi alla fine quello che doveva essere da un paio di decenni: la linea veloce che collega le due città più importanti d’Israele.
Tutto questo è finito con il Covid-19. Siamo stati mesi senza treni, e ci son sembrati anni. Ma adesso finalmente, la luce in fondo alla galleria porta la data otto giugno e la attendiamo con trepidazione. In un paese in cui la stragrande maggioranza dei lavoratori in epoca pre-virus ogni giorno andava a lavorare in una città diversa rispetto a quella in cui viveva, il treno era niente meno che un diritto umano. E nell’era post-isolamento ancora non è chiaro, ma sapere che il treno, a volerne prendere uno anche solo così, per nostalgia, c’è, fa bene all’anima.

Daniela Fubini