“Un golpe contro di me”

È iniziato ieri il processo che vede il Premier israeliano Benjamin Netanyahu accusato di corruzione, frode e abuso d’ufficio. Opinione pubblica divisa, come hanno dimostrato anche le immagini delle due manifestazioni (una pro e una contro) organizzate a Gerusalemme.
“Il processo cominciato con 45 giorni di ritardo sulla data prevista causa emergenza Coronavirus rischia di durare anni. L’accusa di corruzione – scrive il Corriere, focalizzandosi su questa imputazione – ruota attorno alla presunta intesa tra Netanyahu (anche ministro delle Telecomunicazioni tra il 2014 e il 2017) e Shaul Elovitch, allora proprietario del gigante Bezeq”. Per l’accusa Elovitch “avrebbe ottenuto il passaggio di leggi che gli hanno garantito vantaggi per oltre 200 milioni di dollari in cambio di articoli favorevoli a Netanyahu e famiglia pubblicati dal sito Walla, sotto il suo controllo”.
“Da polizia e procuratore un golpe contro di me” ha sostenuto (fuori dall’aula) il Primo ministro. Repubblica segnala al riguardo anche la posizione di Benny Gantz, l’alleato di governo che per tre volte è stato il suo principale sfidante alle elezioni alla guida di Kachol Lavan, che ha espresso fiducia nel sistema giudiziario e dichiarato che “il premier è innocente fino a prova contraria”.
Sul Giornale si prendono nettamente le difese del capo di governo: “Netanyahu adesso, come volevano i suoi nemici, è sotto processo. Ma la sua forza, dopo che ha ha creato un Paese moderno, ben difeso, pacifico, è grande. Non la si uccide con un processo sfrangiato”.

Startup: un ponte tra Italia e Israele. L’emergenza sanitaria non sembra aver fermato le alleanza strategiche nel campo dell’innovazione. Le tre testate del Quotidiano Nazionale parlano infatti del successo dell’Israel-Italy Acceleration Program, il primo programma di accelerazione per startup italiane in Israele lanciato dall’ambasciata e da Intesa Sanpaolo, e dell’evento virtuale EcoMotion 2020. “Il programma – viene raccontato – ha visto la partecipazione di sette startup che, nel pieno rispetto dei parametri di sicurezza dovuti al diffondersi del Covid-19, hanno potuto seguire in loco o, per un breve periodo, a distanza un percorso formativo e di crescita all’Eilat HighTech Center, l’acceleratore patrocinato dal gruppo israelo-americano Arieli Capital che gestisce programmi di innovazione per università, centri di ricerca, istituzioni governative e grandi imprese”.

Una strategia sui tamponi. Su Dataroom del Corriere il tema dell’odierna inchiesta è il basso numero di tamponi realizzati in Italia. Pochi i produttori e molti gli inciampi nel percorso. “Altri ritardi – viene sottolineato – non sono tollerabili, e sarebbe opportuna un’unica strategia per essere in grado di affrontare l’autunno, pianificando ora le macchine che servono, ed ordinarle subito per riuscire ad averle fra tre mesi”. In Dataroom sono anche proposti alcuni grafici, tra cui una elaborazione della fondazione Hume da cui emerge che Israele è il secondo Paese al mondo in cui si fanno tamponi, in proporzione più di sette volte rispetto all’Italia.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(25 maggio 2020)