‘Mio padre vittima delle Fosse ArdeatineFinalmente conosco il suo destino’
“Ti spiego subito qual è l’importanza per me di sapere dove è sepolto mio padre. Ogni anno celebriamo Yom HaShoah. In questa data ho sempre acceso il ner neshamah, la candela commemorativa per mio padre. Perché in quella data? Perché non sapevo quando mio padre fosse morto. Ora lo so, è tutto sarà diverso. È importante avere questa nuova consapevolezza, sapere cosa è successo, vedere quel luogo, le Fosse Ardeatine, e capire cosa hanno passato”. È la testimonianza di David Reicher a Pagine Ebraiche sull’importanza, a 76 anni di distanza, di aver scoperto il destino di suo padre Marian, sepolto alle Fosse Ardeatine assieme alle altre 334 vittime dell’eccidio nazista del 24 marzo 1944. Alcuni mesi fa attraverso l’esame del Dna, le autorità italiane, grazie anche alla collaborazione dell’Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri delle Fosse Ardeatine e della Comunità ebraica di Roma, sono riuscite a identificare una delle nove persone ancora senza identità: Marian Reicher appunto. “Mia madre ha fatto l’aliyah in Israele subito dopo la guerra e io sono cresciuto qui. Le ho chiesto mille volte del periodo in Italia, di mio padre. Non mi ha mai risposto, non ha mai detto nulla di nulla. Come se fosse in stato di shock…. come un black out”, ha raccontato David, protagonista dell’ultimo approfondimento pilpul curato dalla redazione UCEI. A lungo il destino paterno è rimasto ignoto in famiglia: per ben 76 anni. In Italia invece, già nel 1991 il suo nome compariva ne Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia (1943-1945) curato dalla storica Liliana Picciotto come possibile vittima delle Fosse Ardeatine ma senza una conferma ufficiale. “Noi in famiglia non sapevamo nulla”, sottolinea David.
I Reicher erano scappati dalla Polonia verso l’Italia (Marian era nato a Kolomyia, città allora della Polonia, oggi Ucraina), trovando riparo in un primo momento tra Bassano del Grappa, dove nel 1942 nacque la sorella di David, e Vicenza per poi continuare a spostarsi verso sud. “Io sono nato nell’ottobre del 1943 – racconta David – Mia madre mi ha raccontato che mio padre è scomparso quando io avevo circa tre mesi. Significa che lui è morto pochi mesi dopo”. Nel marzo del 1944, assassinato dai nazisti in uno dei più efferati crimini di guerra. “La cugina di Rivka, mia moglie, ha inizia a fare una ricerca su tutti i parenti e ha trovato effettivamente delle cose su mia madre, su mia sorella, su mio padre.. e lei che ha scoperto che Marian Reicher era andato a Roma e che lì forse era finito in prigione. Poi mi hanno contattato dall’Associazione Familiari delle vittime delle Fosse Ardeatine e, dopo vari scambi di mail, mi hanno chiesto di mandare il Dna”. David lo ha fatto ma passando per gli Stati Uniti perché in Israele la strada è più complicata e bisogna avere il via libera del tribunale. “Il 17 aprile mi è arrivata la conferma che mio padre è sepolto alle Fosse Ardeatine”. Ora, la famiglia Reicher attende che finisca l’emergenza sanitaria per poter venire a Roma. “C’era già un accordo con le autorità per fare una cerimonia e per me sarà un momento importante”. Un’occasione per ricucire un legame con un passato sconosciuto ma ancora vivo, in particolare con l’Italia. “Sono nato in Italia ma non conosco la lingua. Ho però un legame ulteriore con paese: mia madre quando ero piccolo mi chiamava Danielo”. Alla domanda se sappia altro della sua famiglia, sottolinea la poca attitudine al racconto della madre. “Non era una persona loquace. So che era fuggita durante la prima guerra mondiale dalla Polonia in Ungheria ma non so come si conobbero con mio padre . Per lei i primi anni in Israele furono difficili. Uno stipendio da portare a casa, sola, con due bambini. Dopo il 1955 arrivarono i risarcimenti dal governo tedesco e andò un po’ meglio. Ma sono stati anni difficili”. Oggi David “Danielo” Reicher ha 77 anni, continua a lavorare – “non ci penso nemmeno a fermarmi” – e ricorda orgogliosamente di avere otto nipoti e tre pronipoti. A loro potrà tramandare un pezzo di storia di famiglia che si ricompone, quella di Marian Reicher.
Daniel Reichel
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